6 settembre 2020

Venezia 77 - The Man Who Sold His Skin | The Disciple

The Man Who Sold His Skin

Lo dico subito: questo è il film da segnarsi.
Quello che ogni anno colpisce è affonda me e i miei pregiudizi, quello verso cui non spaventarsi se è prodotto in Tunisia se si parla in arabo.
Per rassicurarvi ulteriormente, c'è Monica Bellucci, c'è una storia d'amore.
Ma in realtà, c'è il mondo dell'arte in tutta la sua spocchia e ipocrisia e c'è una storia vera talmente assurda che non poteva non ispirare un film.
Quella di un artista che tatua un uomo, rendendolo un'opera d'arte.
È successo davvero, l'opera Tim dell'artista Wilm Delvoye.
In The man who sold his skin la storia assume contorni politici e un tatuaggio diventa per un rifugiato siriano il biglietto per fuggire dal suo paese allo sfascio, che minaccia di incarcerarlo. Vende la sua schiena senza sapere che sta vendendo anche la sua vita.



Ma andiamo con ordine.
Sam ama Abeer, la ama così tanto da dichiarare con parole rivoluzionarie il suo amore in un treno.
Finisce nei radar della polizia e dopo una notte in carcere, decide di scappare.
Trova rifugio in Libano, mentre lei è costretta a sposare un console in Belgio. Come raggiungerla se non si ha un passaporto? Come se si è illegalmente in un altro Paese?
La sua storia commuove l'artista Jeffrey Godefrei, o meglio, lo stimola a creare un'opera, un immenso Visto tatuato sulla sua pelle, un contratto che lo lega a lui come opera d'arte da esibire, da vendere pure.
Un sogno quando finalmente Sam atterra in Europa, un incubo quando la sua vita è scandita da esibizioni e compravendite.

Dentro al mondo cinico dell'arte che vorrebbe per assurdo svelare l'ipocrisia del mondo rivelando invece se stesso, Sam è l'occhio ingenuo e ironico che ne svela le crepe e Yahya Mahayni lo ritrae magnificamente.
Lui che nonostante tutto non si abbatte, che risponde per le rime, con ironia e spirito alle richieste del folle artista e della sua manager.
Kaouther Ben Hania non molla mai, il suo film ha un ritmo serrato e un respiro che mettono sempre tutto in discussione, e anche se la storia d'amore passa in secondo piano mostrandosi come filone per aumentare l'umanità di Sam, il vero cuore prende altrettanto. Mostrando la realtà di rifugiati con una loro dignità, mostrando il cinismo dentro un mondo dove girano milioni, mostrando opere concettuali ma non per questo attraenti.
Credetemi e cercatelo e sperate in una sua programmazione, The Man Who Sold his Skin è una bomba.


The Disciple

Al cinema si raccontano sempre le storie di chi ce la fa.
Di chi con fortuna, con impegno, realizza il suo sogno.
Che succede se si racconta l'impegno di chi invece non ce la fa?
Di chi si è dedicato anima e corpo e una vita intera nel cercare di diventare quel cantante di musica classica indiana che il padre non è stato?
Questa è la storia di The Disciple, di un ragazzo che vive di musica.
Non può fare altro: inseguire il suo sogno, gli insegnamenti del suo guru, i consigli di un padre che non c'è più ma che gli ha lasciato nastri in cui una leggendaria cantante passa il testimone.
Ci prova con studio, concerti, con il suo guru che lo corregge e lo spinge a migliorare
Ma lo sforzo si sente sempre.


Deve arrendersi?
Al passare degli anni, alle pressioni per mettere su famiglia, alle malelingue che riguardano quella cantante, il suo guru stesso?
The Disciple pur raccontando una storia che al cinema non sempre si vede, non è una visione semplice.
Principalmente per il tema principale, per quella musica classica che ai nostri orecchi occidentali pare fatta solo di lamenti stonati senza capire quando stupirsi, quando apprezzare o trovare dei difetti.
La ripetizione di questi canti, delle parole quella cantante e della vita stessa del protagonista fanno porre quella domanda che ci si trova spesso a chiedersi e che in un Festival ristretto fa ancora più rumore: perché è in concorso? Perché questi due film di caratura così diversa non sono stati invertiti?

2 commenti:

  1. Un film bello con Monica Bellucci?
    Questa sì che è una sorpresa!

    Scherzo, Monicona ha fatto un sacco di grandi film. Un sacco magari no, qualcuno sì. :)

    I film sulla musica in genere mi piacciono, ma uno sulla musica classica indiana forse potrebbe essere ostico persino per me.


    RispondiElimina
    Risposte
    1. Monicona quando recita all'estero ha sempre una marcia in più, è l'italiano che non le riesce bene. Qui ha una piccola parte e sicuramente fa da traino/pubblicità al film, che è una vera bomba! Speriamo esca presto in sala.

      La musica classica indiana... no, meglio lasciarla perdere.

      Elimina