Un uomo e un'isola.
Un uomo confuso, che da un'isola non può scappare.
E poi una donna, con le sue figlie, che pure lei si scontra con chi in questa isola vive, con questi Altri che inquietano.
Non è una versione minimalista di Lost, anche se stranezze ce ne sono, misteri da risolvere non mancano, gli Altri sembrano vivere fuori dal tempo e dentro una setta e la religione ci mette del suo.
Non è nemmeno una pubblicità contro il turismo sull'isola di Osea visto come la si ritrae.
È The Third Day, serie divisa in due parti speculari, con nel mezzo un live happening della durata di 12 ore con tanto di Florence come performer sull'isola stessa, mandata in streaming su Facebook.
Per i meno fanatici, HBO ha condensato tutto in appena 99 minuti visibili su YouTube.
Dopo questa premessa non certo promettente, perché la si è vista The Third Day?
C'è Jude Law.
Punto.
Un Jude Law dimesso e affranto, che in quell'isola ci arriva dopo aver salvato una ragazza, in quel bosco dove lui aveva perso il figlio.
La salva e la riporta a casa, su quell'isola collegata alla terraferma da un'unica striscia di terra che con l'alta marea scompare, lasciando completamente isolati i suoi abitanti e chi come Sam lì capita.
Ma ci sono segreti, che Sam nasconde, che gli isolani alle prese con il loro annuale festival, tacciono. C'è un filo che li unisce e che non si può spezzare, che rende vano ogni tentativo di fuga che Sam mette in atto.
La follia cresce, le sue visioni e le sue ossessioni vanno di pari passo con una fotografia fastidiosamente lisergica, che vira al verde, che accentua in modo acido colori e filtri.
Tutto cambia con l'episodio 4, in una seconda parte in cui in scena entra Helen, che vuole regalare un weekend indimenticabile alle sue figlie.
E così sarà.
Testarda e irremovibile, se ne frega di avvertimenti, consigli, aria sinistra che si respira e come una madre modello resta con le figlie in quell'isola con tracce di sacrifici, graffiti volgari e inquietanti abitanti.
Così si fa.
Va da sé e non sorprende nemmeno un po', che Helen sia collegata a Sam, che il loro destino è di riunirsi e che quell'isola sembra averli richiamati a sé.
Ancora: non è Lost, è molto peggio.
Anche per chi Lost ha finito per odiarlo nelle sue derive religiose (non io).
The Third Day è un lungo trip dove vince la noia, dove tutti si fanno odiare, dove tutti prendono le decisioni più sbagliate possibili.
Il buon Jude regala un paio di bei momenti con un monologo sul lutto da applausi, Katherine Waterston inganna e Naomi Harris deve fare i conti con un personaggio scritto veramente male, quasi quanto quello di Emily Watson che ingiuria e maledice senza un perché, infastidendo più del dovuto.
Esagerata e troppo piena di sé, The Third Day la si finisce solo per vedere dove di andrà a parare, e quando si arriva alla fine, quando potenzialmente i nodi vengono al pettine, si rimpiange solo di non aver ascoltato il proprio istinto ed essere scappati a gambe levate in quel primo episodio.
Alla fine, quindi, proprio come Sam e come Helen ci si è comportati.
Si è rimasti.
Non si impara proprio niente dagli errori degli altri.
Voto: ☕½/5
Mi interessa vedere, ma se dici così mi metti in difficoltà..
RispondiEliminaNoia e noia, sei avvertito. Prova a dare uno sguardo, anche il primo episodio non è male poi è tutta una discesa da cui non si risale...
EliminaI primi minuti del primo episodio mi erano sembrati abbastanza promettenti. Poi rapidamente viene rovinato tutto e sì, la noia prende il sopravvento. Più che per Jude Law, ho finito per vederla tutta per capire dove andava a parare, e poi perché ha pochi episodi. Anche se potevo farne a meno. Con il senno di poi. :)
RispondiEliminaFlorence e la sua canzone perfetta fregano alle prime note, ma il declino della serie è senza paragoni e senza possibilità di salvezza. I pochi episodi pesano come un'intera vecchia stagione da 22 episodi.
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