2 marzo 2022

Belfast

Andiamo al Cinema

Prima o poi, ogni regista deve fare i conti con il suo passato.
E raccontarlo.
Mostrare al mondo la sua infanzia, i suoi traumi, la sua famiglia o semplicemente quei temi, quei nodi, che l'hanno fondato.
Anche se poi, al cinema ha fatto tutt'altro.
Non importa infatti se Shakespeare è il tuo chiodo fisso, se ti metti dei baffoni posticci e racconti in modo posticcio i gialli di Agatha Christie. Se sei nato e cresciuto a Belfast, negli anni '70, se la tua famiglia, protestante in una via di famiglie cristiane, ha deciso di andarsene per evitare ritorsioni, prima o poi lo sai che questa pagina di Storia che è anche la tua storia, dovrai raccontarla.


Kenneth Branagh lo fa quest'anno, lo fa dopo 50 anni di onorata carriera in cui non sempre mi ha colpito in positivo e lo fa in un modo che molti ritengono ruffiano.
Un bianco e nero artistico, con i colori che illuminano schermi e palcoscenici, genitori belli bellissimi come sono Jamie Dornan e Caitrìona Balfe, due nonni sornioni come Judi Dench e Ciarán Hinds, e soprattutto, lo sguardo di un bambino, irresistibile pure lui.
Ma in tutto questo ci vedo poco di ruffiano, io.
Ci sento tanto cuore, ci sento anche tanto dolore, nel voler ripercorrere un passato, delle decisioni, dei momenti non facili.
Aggrappandosi al punto di vista di un bambino, e quindi sì, i dialoghi possono sembrare banali e infantili nel parlare di differenze e connessioni, con momenti a tratti superflui fra amori fra i banchi e bollette da pagare, con gli armamenti in corso meno spaventosi di quello che un film come '71 ci ha mostrato.


Ma stiamo comunque guardando una guerriglia civile attraverso gli occhi dell'infanzia, un'infanzia fatta di giochi e di amori precoci, di prediche che angosciano e di genitori che si vede soffrire.
Il pensiero non può che correre a un altro bambino, a quel Jojo Rabbit che il fascino del nazismo aveva saputo raccontarlo con un'ironia e un umorismo irresistibile.
Qui siamo in altri panni, siamo su una barricata più seria in cui però la normalità irrompe, con i suoi colori, con la sua magia: è quella del cinema, quello delle storie e degli spettacoli, unica pausa di calore per Buddy.
Anche se il cinema vero, ce lo mostra Branagh, con una regia perlopiù statica in cui cornici e quadri si compongono dentro case, stanze, scuole.


E poi c'è la musica, onnipresente e che racconta meglio delle parole la Belfast in subbuglio, evitando di appesantire un minutaggio che sembra una rarità di questi giorni, e dando tra le note di Van Morrison un motivo in più per innamorarsi di Jamie Dornan.
Piccolo, efficace, pieno di cuore e di impegno che colpisce e affonda nella dedica finale, questo Belfast è un candidato agli Oscar per cui a sorpresa mi ritrovo a fare il tifo.

Voto: ☕☕½/5

8 commenti:

  1. Neppure io l'ho trovato ruffiano, anzi. E' giusto che i ricordi di un bambino filtrino una realtà orribile e la riportino "alterata" (se ci fai caso, non si capisce benissimo QUALI siano i problemi dei genitori e il rapporto tra il padre e il cattivo della situazione, proprio perché un bambino a quell'età non può né capire né spiegare tutto), quindi per me è sì. Adorabile e commovente, da Branagh e dal suo superego onestamente non me lo aspettavo.

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    1. Nemmeno io, e nemmeno di rimanerne così colpita.
      Quando la semplicità ripaga.

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  2. In teoria questo film aveva tutto per colpirmi, in pratica l’ho trovato autocelebrativo come da super ego di King Ken, ma con un punto di vista ad altezza bambino falsato. Tanti registi hanno usato questo espediente, ma per come lo ha fatto Branagh, invece di coinvolgermi mi ha tirato fuori dalla storia. Peccato, mi sarebbe piaciuto apprezzarlo di più questo film. Cheers

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    1. Nonostante il cuore che ci divide, su una cosa siamo tutti d'accordo: il super ego di Branagh.
      Accontentiamoci :)

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  3. Sono d'accordo. Un film forse furbetto ma sincero, i cui personaggi rispecchiano perfettamente il carattere degli irlandesi: gente spiccia, sincera, che non si piange addosso e guarda avanti. E' uno dei film che mi hanno più emozionato in questa stagione.

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    1. Pure a me, e non ci contavo troppo.
      Invece, anche nella lista degli Oscar, è quello che più mi è rimasto.
      In attesa di capire se farò pace con PTAnderson.

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  4. Kenneth Branagh non m'è mai piaciuto, né come attore né come regista. Quindi partivo abbastanza prevenuto.
    Invece per fortuna questo film è molto sentito e pieno di bellezza, anche di umorismo. Non m'è nemmeno sembrato troppo ruffiano. Non è ai livelli di Jojo Rabbit, ma un po' gli si avvicina e da Branagh non me lo sarei mai aspettato.

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    1. Impossibile non pensare a Jojo, e anche se sembra una sua copia irlandese minore, è un bellissimo complimento da fargli.

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