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Ma allora i film come una volta esistono ancora!
Quelle storie edificanti, vere ma modificate il giusto per renderle ancora più appetibili, quelle in cui sai già il finale ma poco importa, perché ti importa di come questa storia viene costruita, ricostruita, raccontata?
Esistono ancora i film con buoni attori, che si camuffano e si calano in ruoli senza portare il loro ego, che in fondo è sempre stato basso, proprio per poter dare il meglio in questi ruoli.
Esistono ancora le amicizie, quelle che legano colleghi e li fanno stare insieme per raccontare una storia che andava raccontata, che in parte lo era già stata, ma perché non approfondirla?
Anche per Alex Convery parte tutto da The Last Dance, quell'immensa docuserie Netflix che in tempo di lockdown ci ha trascinato tutti dentro il mondo fatato del basket, creando neofiti e inaspettati fan a ripercorrere la carriera di Michael Jordan e dei Chicago Bulls stando lontani da spoiler ormai vecchi di 30 anni.
È partito tutto dalla storia di come Jordan ha strappato un contratto alla Nike, o forse la Nike lo ha strappato a Michael Jordan e Convery si è detto: ne può uscire una bella sceneggiatura.
Così bella da finire nella fantomatica blacklist del 2021, con Ben Affleck che se ne interessa, che la opziona e che la modifica.
Perché vuoi fare un film su Michael Jordan e non parlare a Michael Jordan?
E vuoi che Michael Jordan non voglia dire la sua?
E così vengono aggiunti personaggi che sono amici di Jordan fondamentali per quegli anni e quella decisione, vengono tagliati ruoli che poco hanno a che fare con la storia, viene ampliato il ruolo dei genitori di Michael, con Jordan stesso a scegliere Viola Davis a interpretare la madre.
E Michael Jordan?
No, lui non può esserci. Resta una presenza, un'ombra, impossibile far credere al pubblico che quell'attore possa essere lui. Lasciamogli l'alone di mistero.
E così hai Air, un film come una volta, che racconta come si conviene la storia di un contratto perfetto per Michael che ci guadagna ancora a fatica zero, e per la Nike che vede la sua rinascita, la sua imposizione sul campo da gioco da cui Converse e Adidas la teneva a distanza.
Il resto è come si conviene da un film classico: fatto di ottima musica, di una fotografia invecchiata affidata al fido Robert Richardson che con Affleck avevo Agia lavorato in Argo, hai degli amici che giocano anche sul set, a raccontare la rivincita dei perdenti, la nascita dei vincenti, con dialoghi motivazionali, battute caustiche, discorsoni che anche grazie al montaggio con pezzi di un futuro tutto da scrivere e ora già scritto, lasciano il segno.
Solido e americano, incasellato in un genere che sembrava dimenticato, Air ci ricorda che il buon cinema, le buone storie, senza bisogno di chissà quali effetti o di chissà quali multiversi, si possono ancora fare.
Classico senza bisogno di esagerare o di appiattirsi.
Classico nel più puro senso del termine.
Voto: ☕☕☕/5
Nonostante l'argomento non mi interessasse per nulla sono riuscita ad appassionarmi, quindi, ancora una volta, bravo Affleck!
RispondiEliminaLascia stare i teatrini con J.Lo e i filmetti a luci rosse, facci altri film così, Ben!
EliminaUn classico film Ben fatto :)
RispondiEliminaBen detto :)
EliminaE io sono pronta a vedermeli tutti, se poi si fanno con artigianalità come sa fare Affleck, meglio ancora!
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