21 giugno 2023

Oltre il Giardino

#LaPromessa 2023

Uno di quei film che hai sempre sentito citare, con un professore dell'Università che ci aveva pure dedicato un libro, che ovviamente ti aveva fatto comprare, di cui hai sempre visto un fotogramma -che scopri essere quello finale, finale anticipato tra le lacrime anche da Empire of Light
Oltre il Giardino è il film con cui Peter Sellers ha dimostrato ai più le sue capacità drammatiche. Andando oltre i ruoli comici, esagerati o esasperanti che lo avevano reso noto.
Questo, quello che sapevo.
Partendo da un romanzo che lui per primo aveva opzionato, affidando la regia a quel Hal Ashby che sempre ai tempi dell'Università avevo venerato per quel gioiellino riconosciuto che è Harry & Maude.
Strano è anche Oltre il Giardino, invecchiato bene, nonostante un ritmo non certo serrato. Nonostante una sceneggiatura composta di scene che si sommano senza davvero progredire.


Nella scalata, non richiesta, fortuita e ingenua, di un semplice giardiniere a consigliere politico e intimo amico di un ricco e influente magnate, c'è tutto.
C'è la comicità involontaria di chi non sa mentire ma viene travisato.
Ci sono i peggior sordi che sono quelli che non vogliono sentire -o vedere- la verità.
Ci sono le differenze sociali, che passano attraverso l'indignazione di chi sa che tutto questo può succedere solo ad un bianco, e ci sono pure momenti intimi e inviti al sesso poco romantici.
E c'è lui, Chauncey Gardiner (o Chance, the gardener), nato e cresciuto di nascosto, che dalla casa del suo "padrone" non è mai uscito e da cui finalmente esce, invitato a farlo da chi si occupa della vendita della casa.


E lui, orfano e solo, si scontra con un mondo che corre in fretta, che lo anticipa e che lo salva. 
Passa, sì, per essere investito e poi curato da Eve Rand, essere ospitato nella sua villa/magione, finire per farsi amare, per consolare, per fare da confidente al marito morente Benjamin.
Con il suo passato che non esiste e non può essere rintracciato, con la stampa, gli amici importanti, gli aiutanti di casa, a finire incantati dalla saggezza delle sue parole criptiche.
Metafore che metafore in realtà non sono, sulla cura che un giardino deve ricevere pur di crescere.
Peter Sellers è, ovviamente, perfetto.
Nella sua unica espressione, nel suo imparare il mondo attraverso l'imitazione degli altri o di quel che vede alla TV, e la vitalità di Shirley MacLaine e di Melvyn Douglas ad essere ancor più disperate al suo fianco.


La vita è uno stato mentale, e pur ammettendo di aver faticato con un ritmo non sempre brillante, con situazioni che si sommano senza far ingranare la storia che resta lì, in quella villa, in quegli equivoci, in quella malinconia, il finale rende tutto così magico che capisco la rabbia di Sellers per la scelta di Ashby di inserire il lungo blooper che spezza questa perfezione.
Un finale che sì, mi ero anticipata, che avevo incontrato altre volte, ma mica sapevo che prima c'era tutta questa storia, questo giardiniere confuso e in realtà più presente di altri.

3 commenti:

  1. Uno dei più belli di sempre.
    C'è l'incertezza di fondo. Lui è un'entità soprannaturale? (cammina sulle acque, parla in televisione senza sbagliare una battuta, l'ambasciatore sovietico si convince che il suo interlocutore parla russo ecc) o è un puro folle che solo una società di imbecilli resi ottusi dalla tv come la nostra può prendere sul serio?
    Però questa incertezza è, secondo me, uno degli aspetti più affascinanti del film.

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    1. Mi duole ammettere che il ritmo mi ha vinto in più punti e fatico a metterlo in un mio piedistallo.
      Il finale enigmatico, però, è perfetto.

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  2. Quel finale sa oscurare anche i momenti meno ritmati e una certa pesantezza che con il tempo passato ho sentito. Perdonami Peter.

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