26 gennaio 2024

Perfect Days

Andiamo al Cinema

Il film di un regista tedesco, ambientato in Giappone, con pochissimi dialoghi.
Un film di Wim Wenders, pensato inizialmente come documentario per raccontare le famose toilette pubbliche di Tokyo, che diventa un film di finzione capace di fare incassi record in una stagione cinematografica italiana che sembra aver ritrovato il suo pubblico.
Un film piccolo, e silenzioso, e poetico, che proprio per questo, proprio per gli incassi generati dal passaparola e dalle scelte oculate di Lucky Red sotto le feste natalizie, sta già facendo borbottare i bastian contrari, che lo bollano come racconto banale sulla poetica delle piccole cose.
Perché essere felici, sembra sempre troppo difficile.


Non per Hirayama, che nella sua ruotine sembra aver trovato una stabilità, e soprattutto una poesia, appunto.
Si alza, si sbarba, si veste e spruzza le sue piante. Si prende un caffè alla macchinetta e parte per il suo lavoro: pulire i bagni pubblici, minuziosamente, senza giudizi o senza fatica, alla faccia di colleghi pigri che vedono una fatica di Sisifo il dover pulire qualcosa che tanto si risporcherà subito.
Una pausa pranzo vicino al tempio, la natura, gli alberi, i nuovi nati da osservare, fotografare e prendere con sé, un bagno caldo, una cena, un libro.
Non chiede di più, Hirayama, che silenzioso porta avanti come una scelta religiosa e ascetica la sua vita.
Ha i libri con sé, ha la musica soprattutto, fatta di successi anni '70 occidentali.
Ma ci sono gli imprevisti, come sempre.


Sotto forma di quel collega che chiede prestiti, chiede aiuto, distrugge la sua routine.
E di una nipote che sbuca dal nulla e decide di stare con lui.
Non lo spiega Wim Wenders chi era Hirayama.
Non serve.
Ma ci mostra piccoli dettagli, lascia piccoli indizi.
Sotto forma di una sorella, che porta con sé ombre e lacrime, di un ex marito che lo salva e gli ridà speranza nei giochi da bambini: acchiappare le ombre è impossibile.


Perfect Days racconta giorni perfetti, ma anche i giorni in cui qualcosa si incrina e dire di stare bene fra le lacrime è più faticoso.
Sembra un documentario, per quanto è bravo Kōji Yakusho, protagonista giustamente premiato a Cannes che si carica il film sulle spalle. E per quanto è bravo Wenders, lui che i documentari li sa gestire a modo suo, li sa contaminare, e rende protagonisti in più quei bagni pubblici fiore all'occhiello del turismo giapponese, ideati e studiati come piccole opere d'arte ingegnose. I due condividono un peso che diventa leggero, dando spazio allo sguardo di Hirayama, alla bellezza che trova intorno a sé, ai suoi sogni che sono arte.
C'è della poesia, in tutto questo.
C'è anche del facile buonismo, a tratti.
Che con una colonna sonora che non sbaglia un pezzo ma sa portare alla giusta atmosfera, un po' si gioca facile con le emozioni dello spettatore.
Ma farsi avvolgere da una storia semplice, per nulla banale, dalla gioia delle piccole cose e dalla bellezza che si può trovare in ogni angolo, è un insegnamento che è giusto ripeterci di tanto in tanto. 

Voto: ☕☕/5

7 commenti:

  1. Non amo particolarmente Wenders ma visto il successo del film sono andato a vederlo per curiosità e a sorpresa l'ho gradito parecchio. Grande colonna sonora, che canticchiavo appena si sentivano le prime note delle canzoni, per la gioia degli altri pochi spettatori.
    Secondo te il collega fancazzista (a lui dovevano dare il premio come miglior attore, altroché!) e la nipote sono stati elementi per così dire di disturbo? A me è sembrato che il protagonista avesse tratto anche da loro motivi di gioia, o almeno squarci di simpatia e affetto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un disturbo della sua routine, del suo non provare peso per la scelta fatta. La gioia la trova e la cerca, ma è quando arriva la sorella dal passato e quando deve coprire un turno intero che tutto cade, e il finale in cui a fatica trattiene le lacrime mostra com'è difficile rientrare nella bolla che si era costruito.

      Un film davvero bello, speciale, fin dalla colonna sonora.
      Facilona, magari, ma uscita dalla sala l'ho cercato su spotify per restare in atmosfera.

      Elimina
    2. esisterà davvero in Giappone quel fiorente mercato di musicassette?

      Elimina
    3. Potrei diventare ricca vista la collezione di famiglia!

      Elimina
  2. Io continuo a non riuscire a trovare gioia in ciò che fa il protagonista. Vedo nei suoi gesti il disperato tentativo di crearsi una bolla di quiete ma con grande fatica e dolore. Magari è il mio animo pessimista...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Francamente ho avuto anche io la stessa impressione iniziale, ma questo post di Lisa mi ha fatto vedere la cosa da un'altra prospettiva, e mi pare che a parte poche scene isolate (la ragazza al parco che distoglie lo sguardo mentre mangia, la mamma che non lo ringrazia per aver ritrovato suo figlio) sia condivisibile.

      Elimina
    2. Da un pochino più ottimista, io vedo una bolla che funziona, di cui nemmeno si accorge, finché non arrivano gli elementi di disturbo di cui sopra, e tutto appunto cade.
      Il finale mostra com'è difficile rientrare in un'abitudine messa in discussione dal passato e da quell'ex marito presagio di morte. Ma nel suo sforzo non vedo fatica, vedo una scelta da rimettere in discussione, da accettare di nuovo.

      Elimina