23 ottobre 2015

Picnic ad Hanging Rock

Once Upon a Time. -1975-

14 febbraio 1900.
San Valentino.
In una gita scolastica all’interno del parco di Hanging Rock, quattro ragazze, alunne di un collegio privato femminile, spariscono nel nulla.
Questo film è una ricostruzione di quegli eventi, e delle indagini che ne seguirono.


Come molti, pure io sono cascata nella trappola che il regista Peter Weir ha tenuto ai suoi spettatori, e che prima di lui la scrittrice Joan Lindsay ha tenuto ai suoi lettori: si crede di assistere alla ricostruzione di una storia vera, alla lettura di fatti realmente accaduti, e invece no.
Tutto frutto della fantasia, tutto un intenso e avvolgente mistero che mistero resta.
Fortunatamente, mi sono bastati pochi minuti su Wikipedia, alla ricerca di informazioni, sperando che passati gli anni un colpevole, una soluzione a questa sparizione si fosse trovata, ci fosse, per chiarire il tutto.
Al pubblico che il libro lo ha letto nel 1967, o che ha visto il film nel 1975, è invece andata peggio, con ore perse in biblioteca o negli archivi alla ricerca di notizie sui giornali dell’epoca per saperne di più.
Il fatto è che la storia di questa sparizione, la sua ricostruzione, hanno tutte le carte in regola per sembrare vere.
La purezza delle giovani, la loro ingenuità, i drammi che ne scaturirono, dalle crisi delle loro amiche, alla crisi in cui finì l’istituto privato stesso, preside compresa: come lasciare le proprie figlie in una scuola che perdeva nel nulla le proprie allieve?
E poi la polizia che brancola nel buio, che organizza ricerche, con l'interesse del caso che si ripercuote sulla gente, con un giovane aristocratico colpito dalla bellezza di Miranda, la bella e carismatica Miranda, e che parte assieme al maggiordomo per cercarla.


In questa Australia di inizio secolo, in cui il perbenismo vittoriano impera, una trama simile si installa alla perfezione, e Weir dirige il tutto con estrema classe, sfruttando bene l’aurea di bellezza delle sue protagoniste, molte delle quali esordienti davanti alla macchina da presa.
C’è della raffinatezza, c’è dell'eleganza e della delicatezza, c’è soprattutto un ritratto ben dettagliato delle varie protagoniste.
Ma soprattutto c'è una maestria che fa di ogni inquadratura un quadro, di ogni dettaglio, una fotografia unica ed esteticamente perfetta.
Il mistero che qui resta sospeso, viene poi (a 20 anni di distanza) svelato dalla stessa autrice, o meglio, dal suo agente che pubblicò solo dopo la sua morte il capitolo rivelatore che l’editore pensò astutamente di omettere dal romanzo: e visto che si parla di buchi spazio-temporali, di trasformazioni e esoterismo, è meglio rimanere con dubbi, con sospetti e ipotesi.
È meglio godere di un titolo diventato cult, che fece conoscere la cinematografia australiana, chiamato in causa appena si parla di sparizioni e adolescenza.
Meglio goderselo in tutto quello stato di grazia in cui sembra girato, tra natura e educazione, e in cui è rimasto sospeso, in tutta la sua importanza.


7 commenti:

  1. Film bellissimo e molto affascinante, fin troppo sottovalutato.
    Grande Weir.

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  2. nice
    http://acemaxs31.com/obat-tbc/

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  3. Sono anni che vorrei vederlo, ma alla fine mi dimentico sempre di farlo...
    Dannata memoria! :)

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    1. Erano anni che lo volevo vedere pure io, grazie all'interruzione di internet, ho spolverato il vecchio archivio ed eccolo qua!
      Non posso che augurarti dei lavori telecom nella tua zona :)

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  4. Questo film ha segnato la mia giovinezza (insieme a Solaris di Tarkovskij)... ricordo che andai a vederlo al cinema 3 volte in una settimana, in particolar modo per la sequenza in cui viene passato di mano il pezzetto di veste stracciata...

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    1. Wow, al cinema dev'essere stato una visione splendida, certi particolari, certe composizioni non sono altrettanto apprezzabili sullo schermo di una TV: ti invidio!

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  5. Un Weri che ha iniziato anni or sono, neanche sapevo fosse suo questo... guarda te!

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