6 agosto 2017

La Domenica Scrivo - Ombre

Un portone.
Si apre.
Delle scale, vecchie, luminose ma con coni d'ombra, che salgono.
Una porta.
Si apre.
Delle tende bianche svolazzano al vento.
C'è un pranzo, in corso, una festa.
Sono tutti felici, è uno di quei ritrovi di famiglia, uno di quei pranzi dove si festeggia, sì, chi se n'è andato. Si spera per sempre.
Un'ombra, però, si intravede. Un'ombra nera, che si muove furtiva. Un'ombra che ha un obiettivo, la madre.
Un urlo.



Si sveglia, impaurita, la figlia. Si sveglia col cuore che batte a mille.
Era un sogno.
Era un incubo.
Quel pranzo, però, c'è.
Quella festa, per chi se n'è andato -si spera per sempre- si sta preparando.
La madre è felice, sollevata, ha tutti attorno a sé, almeno per un altro po'.
C'è la nonna, caparbia e fredda, che cerca di dimenticare quel patto difficile da digerire, c'è la zia, benevola e indaffarata, c'è un'energia continua, tra i fornelli e la terrazza, che si sta agghindando per l'occasione, per gli ospiti che stanno arrivando.
La festa, il pranzo, filano lisci, tra un brindisi e l'altro, fra risate fragorose e sguardi pieni di speranza e felicità.
Si può andare avanti, un altro po', così. Come un sogno questa volta, l'ombra non incombe, non si fa vedere, c'è troppo sole, oggi, per pensarci.

Passa il tempo, la speranza è sempre lì, ad attendere ad ogni controllo.
Nipote, nonna e zia se la spassano, insieme. Sono al lago, un lago termale, lì dove la pudicizia può essere messa da parte, lì dove non si va a sollazzarsi solo, ma anche a rigenerarsi con i suoi fanghi terapeutici.
È vicino casa, è sotto casa.
E c'è attesa.
Per quei controlli che tardano, per quel risultato che si teme.
Uno squillo.
È la madre.
Le notizie non sono buone, anzi. La speranza è infranta.
Il tempo si ferma. I sorrisi spariscono.
Chi se n'è andato, è tornato. Più forte di prima.
La nonna guarda giù, allora.
Guarda quel fango, nero, che ha ai piedi.
Guarda giù, per non piangere, per trovare la forza.
E inizia a spalmarselo, il fango, a diventare nera, un'ombra, che sa qual è il suo obiettivo.
"Ci penso io" dice.

Questo -che potrebbe definirsi il primo vero racconto che scrivo-. 
non ha alcuna velleità di essere un racconto, 
sommario com'è, veloce e breve com'è uscito.
Ma è un sogno, o meglio, un incubo, 
che anni fa mi ha svegliato di soprassalto, con il cuore a mille.
Non c'è niente di autobiografico, Freud lo vedrebbe come una sfida,
 io lo demonizzo pubblicandolo qui, 
in una settimana di brividi che si conclude.

6 commenti:

  1. Risposte
    1. Peggio sì, almeno mi facevo un giro sull'isola che non c'è ;)

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  2. mi fa molto piacere non sia autobiografico!

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    1. Si si, nulla di autobiografico. Chissà cosa avevo mangiato quella sera :)

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  3. Racconto-incubo decisamente teso e inquietante.
    Ottima chiusura per questa Horror Week! ;)

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    1. Grazie :) I brividi torneranno a settembre, Pennywise nun te temo (come no...).

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