20 febbraio 2019

Il Primo Re

Andiamo al Cinema

È il film che non ti aspetti dal circuito italiano.
Un film di genere: storico ma non semplicemente in costume, classico ma non per questo non originale, che parla di antichi romani ma non per questo è un kolossal.
Anzi.
Perché Il primo re è un film storico, sì, ambientato com'è nel 753 a.C., è un film classico che si basa su leggende, su testi tramandati che della fondazione di Roma raccontano ed è un film che dei romani parla, dei primi romani, non ancora latini.
Ma Il primo re è più di questo.
È un film pulp, crudo e violento, che la violenza non ce la risparmia mostrando ogni ferita, ogni fiotto di sangue, ogni colpo subito o dato. Ed è un film d'azione, per quanto rarefatta, che ha i suoi momenti migliori in battaglie e scontri, in corpo a corpo duri e ben coreografati.
Ed è sopratutto un film che vive di atmosfera, quella che crea con un lingua proto-latina creata appositamente, con scene e luoghi che si fanno magici e spettrali, con una religione che si insinua nel cuore e nelle paure degli uomini, e va a plasmare l'estetica del tutto.



La storia, come la Storia, è presto riassumibile.
I protagonisti sono Romolo e Remo, sono due orfani, ora pastori, travolti dal Tevere e dal destino, che alla morte decidono di dire di no, dando vita a una rivoluzione: liberando schiavi come loro, carne da macello e martiri in nome di un Dio fuoco.
E scappano, con i soldati di Alba Longa al loro seguito, con una foresta pericolosa a dividerli da terre libere in cui trovare la pace.
Questo il loro viaggio, questo il viaggio a cui, in un silenzio religioso, si assiste.
Un film che si fa quindi esperienza, che richiede attenzione e pazienza, in una rilettura storica che non perde di vista la Storia nonostante il pathos, i climax.
Esperienza che passa per una fotografia magica, con giochi di luci e ombre, di tagli e nebbia di una bellezza difficile da spiegare. In un'atmosfera ancestrale credibile, una ricostruzione che tiene conto di colori, movimenti, presenza fisica soprattutto.
E poi c'è lui, quel trasformista di Alessandro Borghi, sporco, smunto, provato e irascibile, incapace di cedere e di credere, che offre l'ennesima ottima interpretazione. Capace soprattutto di esaltare, di mostrare un carisma sotto quel sangue e quello sporco che anche se sfocia nella pazzia s'impone, pur lasciando al fratello Alessio Lapice il momento più carismatico nel finale.


E sì, ci sono momenti piatti, c'è un ritmo che spesso manca, anche in quei combattimenti dove il montaggio non è al massimo dei livelli, così come una colonna sonora per quanto portante e trascinante, a tratti non così efficace.
Viene da porsi allora la domanda delle domande: Il primo re piace, convince, fa parlare di sé perché primo film italiano di questo genere o perché ha davvero valore? Il suo essere e ricalcare -con più sostanza, più serietà- serie come Spartacus o -con più solidità, meno noia- Valhalla Rising pur rimanendo ad uno scalino inferiore nella fattura, glielo si perdonerebbe se arrivasse da un mercato estero?
Sono domande che nascono spontanee, che hanno a che fare con la genesi e con quel giudizio e pregiudizio che il cinema italiano porta con sé.
Lasciando la risposta sospesa, dimenticandola e basandosi solo sul film in sé, posso dire che anche se non tutto funziona, anche se si poteva mantenere più solidità e più compatezza, questo Primo Re sa esaltare, sa avvincere lentamente e convincere all'improvviso. Crescendo dopo la visione più che durante, come i film impegnativi e non banali richiedono.

Voto: ☕☕/5

4 commenti:

  1. Visto qualche settimana fa, ma non ho ancora trovato il tempo per parlarne. Uno di quei film in cui è impossibile separare il lato tecnico, portentoso, dal resto. Anche se, almeno nel mio caso, la godibilità non è stata di casa. Ci voleva una sceneggiatura all'altezza della magia del protolatino.

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    1. Per una volta la fisicità ha preso il posto della sceneggiatura ed è andata bene così, anche perchè le poche parole che si pronunciano hanno un peso e un pathos non da poco. Visto in sala con un'età media alta, è stato uno spettacolo nello spettacolo, con sottotitoli letti ad alta voce e commenti continui. Ma per una volta, non così disturbanti.

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  2. Spero che di noia rispetto a Valhalla Rising ce ne sia molta meno, ma proprio mooolta meno, altrimenti potrei non reggere. XD

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    1. Fare peggio sarebbe davvero difficile, diciamo che tempi morti ce ne sono, ma la prestanza di Borghi e il pathos della storia ripagano.

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