14 gennaio 2020

Classici in Serie: Dracula - Dickinson - Vanity Fair

E svecchiamoli questi classici!
E diamo nuova vita a storie sentite e risentite, raccontiamole ancora cercando di essere diversi, di fare meglio!
Me li vedo i produttori a urlare queste cose nei loro uffici.
Com'è andata?
Ecco qui tre esempi:

Dracula



La domanda è sempre quella: c'era bisogno di un altro Dracula?
Ovviamente no.
Ma se a riportarlo in vita (ahah) ci pensano due come Mark Gatiss e Steven Moffatt, che con Sherlock e con Doctor Who han saputo fare grandi cose, come non dar loro fiducia?
E infatti il primo episodio è un tripudio di colpi di scena, scrittura sopraffina, parlatine a mitraglietta, un Dracula sinistro e affascinante, un castello pieno di enigmi e soprattutto una suora che non le manda a dire a nessuno.
I problemi arrivano poi.

Arrivano con un secondo episodio parecchio noioso, chiusi in mare aperto (ahah), immersi nella nebbia e con gli ospiti della nave lentamente eliminati uno ad uno indovinate da chi? Esatto.
Le cose si smuovono e tornano interessanti in un finale che a proposito di colpi di scena ne regala uno bello grosso, ma poi, eccolo arrivare un altro problema.
Eccolo l'adattamento meno classico, quello che porta Dracula ai giorni nostri, a confrontarsi con avvocati, vita notturna, app e associazioni segrete.
La suora/Van Helsing è ora un'investigatrice, Lucy una ragazza annoiata dalla sua bellezza e in fondo anche dalla vita, Dracula usa Tinder, compra casa, se ne frega dei divieti.
Così, per svelare misteri che riguardano paure ancestrali, per redimere colpe e uccisioni, ci si arrampica sui vetri, si creano personaggi di cui francamente a nessuno importa, situazioni assurde, scelte discutibili e si avanza lentamente.
Il tutto, ripeto, in un unico episodio.
Che manda così all'aria un'intera miniserie che sapeva giocare il fascino dall'accento british di Claes Bang, l'arguzia di Dolly Wells, la scrittura di Gatiss/Moffat (ad esempio: "I like people. I enjoy their company." -  "Then why do you kill them?" - "Why do you pluck flowers?")
Ma quando si esagera, quando l'adattamento diventa al limite del trash, qualcosa è chiaramente andato storto.

Voto: ☕☕/5

Dickinson



La poetessa più amata e citata dalle adolescenti disperate, ma che in fondo non ho mai pienamente studiato.
Ci pensa AppleTV+ a rimediare, raccontandoci la vita di Emily Dickinson, le sue gioie e i suoi dolori, i suoi amori e i suoi problemi familiari.
Un padre a volte padrone a volte fin troppo permissivo, una madre che la vuole sistemata, una sorella più disinibita. E lei, Emily, che in un mondo maschilista vuole vivere di quel che scrive, vuole farsi conoscere, abbattendo barriere e e ostacoli anche in amore.
Le sue poesie prendono vita sotto i nostri occhi, diventando oggetto di episodi, di ricerca, andando a scandagliare il come e il quando sono state composte, la loro importanza.
Hailee Steinfeld è la vera mattatrice del tutto, bella, indisponente e ammaliante come non mai.
L'adattamento funziona perché pop, perché con la colonna sonora e con le gestualità, strizza l'occhio all'oggi e non sfigurano così le canzoni di Wiz Khalifa tra una rappresentazione di Shakespeare e un sonetto.
Breve e intensa, con episodi a sé ma centrati, con un cast che prende poco a poco il suo spazio, le posso solo additare una discontinuità che non l'ha fatta risplendere a dovere ai miei occhi.
Ma una seconda stagione è confermata, e a Emily, alla sua famiglia, ha quel che ha da dire, mi sono già affezionata.

Voto: ☕☕/5

Vanity Fair


Più classica dei classici.
La più famosa scalata sociale di una semplice orfana a suon di buoni matrimoni, giochi di potere e concessioni del proprio corpo parte da qui: da William Makepeace Thackeray e la sua Becky Sharp.
Ne hanno fatto 7 film e nel 2018 c'ha pensato la ITV a svecchiare il tutto grazie alla bellissima Olivia Cooke, che sfonda la quarta parete, si prende gioco di pretendenti e amici pur di accumulare ricchezza.
Il tutto è veloce e frizzante, copre un'intera vita con di mezzo la guerra, la morte e il dolore.
Ma mentirei se dicessi che il fatto che si sia tentato di dare ancora più ritmo alle gesta di Becky, ancor più romanticismo e cinismo alla sua vita, me l'abbia resa simpatica.
Nonostante costumi e scenografia da invidia, infatti, di Becky e del suo destino poco mi è importato, della martire Amelia ancora meno.
Questione di storia, prima di tutto, distante dalle mie letture e dalle mie visioni.
Questione di gusti.
E di un adattamento meno pop del previsto.
Fortuna che almeno c'era Johnny Flynn con cui rifarmi gli occhi.

Voto: ☕☕/5

6 commenti:

  1. Mi manca solo l'ultima.
    La prima, massacrata dappertutto, mi ha piacevolmente divertito. Lui bello, bravo, una rivelazione.

    Tanto amore, invece, per Dickinson. L'episodio del circo, in particolare, mi ha steso.

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    1. Dracula parte benissimo, ma l'ultimo episodio davvero... sembrava la sagra del trash!
      Non riesco davvero a difenderlo. Classico, quasi troppo, Vanity Fair ma c'è una splendida Cooke ;)

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  2. Dracula nonostante tutto è in lista, indeciso su Dickinson, mentre NO secco all'ultima ;)

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    1. Dickinson è così ben fatto, così pop e con una protagonista così bella che non posso che consigliartelo. L'unico difetto è che è un po' discontinuo, ma migliorerà con la seconda stagione, ne sono certa.

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  3. Un Dracula così fascinoso e malvagio era un piacere da guardare, così come una suora/investigatrice che sembra uno Sherlock o un Dottore... ma appena si entra nella modernità, mio dio, che scempio!

    Quella + non la capisco neanch'io, e neanche quel Prime. mah.

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