17 aprile 2020

Innocente

Settimana Crime

C'è stato un periodo della mia vita in cui mi immaginavo fare arringhe in un'aula di tribunale, difendere gli innocenti, perorare cause.
Il merito va ad Ally McBeal e allo studio più prestigioso e divertente in cui voler lavorare e a John Grisham, i cui romanzi erano ovviamente parte della libreria di famiglia.
Ne esisterà una in Italia senza?
Scopro solo grazie a Netflix che fra tutti i (40) romanzi che Grisham ha scritto, solo uno si discosta dalla fiction e abbraccia il genere saggistico: The Innocent Man - Murder and Injustice in a Small Town.



Un caso, anzi, un doppio caso che sembra davvero uscito dalla penna di uno scrittore: è il 1982, siamo in un piccolo paese dell'Oklahoma -Ada-, una ragazza viene brutalmente stuprata e uccisa nella sua casa. Devono passare anni prima che due sospetti vengano individuati, che sono i bagordi del paese che confessano e vengono dichiarati colpevoli.
Nel frattempo, nel 1987, un'altra ragazza sparisce nel nulla, lasciando vuoto il negozio in cui lavorava.
Un testimone oculare, un furgone pieno di ammaccature e nient'altro come pista.
Ma anche qui i sospetti si concentrano su due giovani che si danno con facilità all'alcool e alle droghe, che interrogati a ripetizione confessano, coinvolgendo un terzo amico nei fatti.
L'amico in questione era al momento del rapimento in ospedale, il corpo della vittima resta introvabile.
Ma comunque i due vengono portati in tribunale, vengono dichiarati colpevoli.
Due casi di omicidio, stessi poliziotti e procuratori coinvolti, stessa dichiarazione da parte degli imputati: quella confessione filmata non era una confessione.
Era un sogno, un racconto, una coercizione bella e buona.
Siamo innocenti.


Come credergli?
Lo fa non solo John Grisham prendendo spunto da un altro giornalista che si era occupato dei fatti di Ada prima di lui (The Dreams of Ada di Robert Mayer), lo fanno anche gli avvocati di Innocent Project, che decidono di investigare su quanto successo, di portare alla luce nuovi elementi, nuovi sospetti.
Una cittadina spersa nel nulla, rurale e con la popolazione nettamente divisa fra poveri e poverissimi si è vista così balzare fra le cronache delle trasmissioni nazionali per due omicidi e quattro condannati ingiustamente.
Con giornalisti, investigatori privati, avvocati chiamati a fare chiarezza.

La serie Netflix non si discosta troppo da altre docuserie crime del genere.
Alterna ricostruzioni a interviste, prove e stralci dei processi.
Lo fa a volte ripetendosi troppo, con un ultimo episodio che sembra più riempire lo spazio a disposizione senza dare nuove informazioni.
Ma ancora una volta si mostra come la vittima, quando si tratta di malgiustizia, non è mai solo una, comprende chi viene ingiustamente incarcerato perde anni di libertà e di vita, comprende la famiglia del presunto colpevole e della vittima, chiamata a rivivere ancora e ancora il suo trauma e il suo lutto.


Spezza il cuore quindi sentire la madre di Debbie Carter raccontare l'incubo che ha attraversato, come lo spezza quello di due famiglie che si sono viste private del loro figlio/padre/amico per 12 anni e, purtroppo, anche di più.
Perché Tommy Ward per l'omicidio che non ha mai commesso è ancora in carcere.
Giovani cresciuti e invecchiati dietro le sbarre. Per l'onore e il denaro di una Procura.
Come si vedrà anche domani, docuserie di questo tipo servono sì per intrattenere e informare, ma servono soprattutto per i futuri giurati a tenere dritti i sensi, a non fermarsi ai fatti, a una confessione che sembra tale, a una difesa che è in realtà troppo debole per poter essere giusta.
Serve per mostrare il lavoro di avvocati che il sistema giudiziario vogliono correggerlo, dando a tutte le vittime di questo quadro, quello che meritano: giustizia.

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