5 ottobre 2022

The Phantom of the Open

Andiamo al Cinema a Noleggio

Ci sono nomi che perdi di vista.
Nomi di cui ti eri innamorata, nomi che ti eri appuntata e che poi un po' ti avevano deluso, e che fanno un giro lunghissimo per tornare in buca.
In questo caso, il giro lo fanno su una pallina da golf, diventando quel film che più per le stelline che si ritrova sul poster, più per il bene che vuoi a Mark Rylance e la fiducia che ti dà Sally Hawkins nelle produzioni inglesi, decidi di vedere nonostante parli di golf, tu che il golf non lo capisci.
Ma al cinema non c'è altro, lo streaming poco offre, ed eccoti qui, sul divano, a vedere se quelle stelline hanno ragione.
E da subito, un'illuminazione!
A dirigere tutto c'è Craig Roberts.


Craig Roberts, il giovane disadattato di Submarine, Craig Roberts che con Red Oaks ti aveva perso per strada, troppo anni '80, o forse troppo avanti, quella serie, Craig Roberts che aveva esordito con lo strano Just Jim... che fine aveva fatto?
Aveva fatto un altro film, nel mezzo?
Sì, ma tu te l'eri dimenticato e ora te lo ritrovi qui e lo riconosci per come decide di raccontarla questa storia strana, così strana che solo a lui poteva interessare, a lui e allo sceneggiature Simon Farnaby che adatta la sua biografia, quando uno si invasa, dici.
Ma come non raccontarlo un uomo come Maurice Flitcroft, che prossimo alla pensione si rende conto di aver messo da parte tutti i suoi sogni, fagocitati dall'abitudine, dai debiti, dalla famiglia, che senza rimpianti ha cresciuto, anche quel figlio non suo che ha riconosciuto?
Come non raccontarlo, lui che a 40 anni suonati si incaponisce con il golf, si allena in spiaggia e nei parchi, distante dall'etichetta, dal rigore, richiesto dai golf club.
E che mente, pur di iscriversi al British Open diventando il peggior giocatore di golf di tutti i tempi?


Come non raccontarle le sue disavventure, la sua famiglia che lo sostiene ed è altrettanto strana (due gemelli campioni di disco dance, dico), la sua umiltà, la sua semplicità, la sua genuinità che esplode nel mondo senza bisogno di internet? Una barzelletta, la sua scelta, la sua testardaggine, piena però di un'umanità che viene riconosciuta, come la racconti?
La racconti, appunto, e lo fai mettendoci quel pizzico di follia, quei sogni ad occhi aperti, quei flashback che non invecchiano, quei cambi di formato e di stile tipici dei film indie inglesi.
C'è da ammettere, però, che la storia è più grande del film.
Che la personalità di Maurice sta stretta e il biascicare, il ciarlare, di Mark Rylance non è facilissimo da sopportare e ancora mi tormenta, ancora mi sembra di sentirlo soprattutto se confrontato alle interviste vere che sul finale fanno notare una voce leggermente diversa.


Ma se al golf non riesce a far appassionare, se l'entusiasmo più vivo non lo fa provare, il merito di questo piccolo film che sa di artigianato vecchia scuola con un pizzico di sperimentazione, è quello di aver fatto tornare Craig Roberts nei miei radar e di avermi fatto conoscere una storia così umana e particolare che non dimenticherò.

Voto: ☕☕½/5

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