Sorrentino ha sempre avuto due anime.
Quella del regista in senso stretto, che lo vede compiere evoluzioni emozionanti con la macchina da presa, tra carrelli, piani sequenza, nuovi punti di vista e che lo vede tirare fuori il meglio da suoi attori e dal comparto tecnico.
E poi, l'anima dello scrittore. Quella che firma le sue sceneggiatura, regalando dialoghi, monologhi, momenti, di pura poesia.
Pure nel non propriamente perfetto Loro ad essere ricordate sono quella telefonata di vendita ad opera di un sornione Berlusconi e la lite furiosa con la moglie Veronica. Parole, concatenate perfettamente, con un ritmo, un'intelligenza che restano.
Così, ho voluto provare ad affrontare Sorrentino senza vederlo, su carta.
La storia è quella di Tony Pagoda.
Cantante neomelodico di Napoli, che a Napoli come a Capri è da tutti rispettato e venerato, e che si concede più di un vizio.
Donne e droga, principalmente.
A profusione, in entrambi i casi.
Lo conosciamo in tournée a New York, lì dove viene celebrato, lì che aspetta con impazienza una buona parola da parte dell'insuperabile Frank Sinatra. Proseguiamo attraverso ricordi, primi amori, primi approcci sessuali, stanche e noiose domeniche pomeriggio.
Sono confessioni a cuore aperto le sue, che tengono conto del suo ego, della sua lascivia, dei suoi misfatti.
Tra prostitute assoldate, giovani cantanti importunate a fine concerto, boss mafiosi che gli salvano la vita. Il tutto, con un matrimonio che ormai non ha più senso, con una band che lo segue e che non lo capisce.
Finché non si stanca, Tony, di questa sua vita grama, di questo correre da una sagra di paese all'altra, trovandosi impicciato in impicci di poco conto, e se ne va.
O meglio, resta.
In Brasile, lì dove gli ultimi concerti sono stati suonati, lì dove caldo e scarafaggi lo attanagliano.
E la sua vita cambia: ricomincia, abbandona donne e droghe, trova un nuovo amico che ricorda certi boss e che sembra conoscerlo meglio di se stesso.
Così tanto da sapere che anche questa permanenza decennale in Brasile altro non è che una parentesi.
Meglio dirlo subito: non è facile farsi andar giù Tony.
Un uomo che sa di viscido, che non fa niente per risultare simpatico, confessando uno dietro l'altro i suoi peccati, le sue riflessioni sparse sul mondo.
E vorrei dire che poco importa se il romanzo scorre, cattura, ma mentirei. Come Tony confesso anch'io: ho faticato, ho quasi rinunciato, per una voce che sentivo distante, volutamente eccessiva.
Anche in quelle lezioni di seduzione che sono diventate famose interpretate dal fido Toni Servillo.
È che uomini così non mi piacciono, e anche con queste lezioni, finiranno sempre per avere il mio no.
Per fortuna, proseguendo e proprio dentro quell'apparente conversione brasiliana, i toni cambiano, la vecchiaia con le sue riflessioni prende piede e nel finale amaro, della commozione c'è stata.
Nonostante le parole, le trovate e le riflessioni Sorrentino preferisco vederlo che leggerlo. La sua ironia, di fronte a tipi che ricordano Jep, ricordano Silvio, si perde e sembra una non necessaria esaltazione.
Sopportandolo a tratti anche come regista, potrei passare oltre.
RispondiEliminaIo ho faticato davvero troppo. Il personaggio è sempre quello, caciarone e sopra le righe con una sfumatura di profondità, ma mi sono mancati i suoi momenti da videoclip ad alleggerire l'atmosfera.
EliminaHo seguito con attenzione la serie "The Young Pope" e Sorrentino riesce a dare un senso logico alla sua creatività.
EliminaGli altri film mi hanno annoiato e li ho lasciati a metà strada.
Pur mancandomi i suoi primi lavori, Sorrentino al cinema ma anche in TV mi ha sempre emozionato. Su carta, purtroppo, meno.
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