Un triste ragazzo inglese le prova tutte per farla finita ma ogni volta il suo tentativo di suicidio resta un tentativo.
Dov'è che l'abbiamo già sentita?
Ah, già!
Quel ragazzino poteva essere Harold, ma qui non c'è nessuna Maude.
E soprattutto, qui non c'è nessun grido di aiuto, c'è -sempre- un piano ben preciso con cui Charlie vuole dire addio ad un'esistenza vuota, triste, depressiva, ma qualcosa che lo impedisce. Il gas che finisce, la barca che passa sotto il ponte da cui si butta.
Ed è qui che arriva Leslie.
Professione: killer.
Killer alla deriva però, che non rispetta la quota fissa degli altri killer della sua associazione e che rischia il pensionamento anticipato.
La sua nuova strategia è farsi assoldare da chi vuole suicidarsi -come Charlie- e fare lui il lavoro sporco, con tanto di opzioni e catalogo tra cui scegliere.
Cosa potrà andare storto questa volta nei piani definiti e pagati di Charlie?
Che incontri l'amore.
Non un'anziana arzilla, ma una giovane che la morte la conosce bene, la depressione pure, ma che ha saputo uscirne.
Così, se innamorandosi cercano di scappare da Leslie, Leslie cerca di scappare dal suo capo e dai suoi scagnozzi dopo l'ennesimo rifiuto di lasciare l'agenzia.
Sì, siamo davanti a una strana commedia inglese.
Una tipica commedia dal black humour inglese.
Di quelle che arrivano in sordina, con un titolo improbabile (questa volta tradotto letteralmente dall'originale) e che potrebbe sfuggire.
Di quelle con un protagonista tipicamente inglese, un Aneurin Barnard da tenere d'occhio, che potrebbe essere un nuovo Bud Cort ma pure un nuovo Craig Roberts. Poi sì, ci sono pure Tom Wilkinson e Freya Mavor.
Certo, non è perfetto, si affossa un po' nella parte centrale, si fa ripetitivo nell'esporre le motivazioni di Charlie nell'aver cambiato idea, ma riprende poi il ritmo, l'assurdo tempismo dei suoi personaggi. Il punto di forza è infatti in una sceneggiatura che incalza, che si fa a sua volta esagerata e assurda, basta prendere ad esempio il monologo di Christopher Eccleston su Michael J. Fox. Si esagera quindi, quasi troppo nelle stranezze che si inseriscono tra fiere dell'uncinetto e pappagallini da vendicare, o quel finale, non così necessario.
Ma, nel suo essere strano, veloce, decisamente nero, a Morto tra una settimana i soldi non li ridarò indietro.
Anche perché ennesimo esempio di film che solo come un eufemismo è uscito nei nostri cinema.
Voto: ☕☕½/5
Mi pare ci sia qualche problema con i commenti su Blogger.
RispondiEliminaVediamo se lo prende...
Il film non mi attira troppo, però l'inglesità del tutto e il monologo su Michael J. Fox potrebbero spingermi a un recupero a sorpresa. ;)
Questo lo ha preso! E per fortuna, perchè questo filmino non perfetto e passato inosservato è una cannibalata nelle tue corde. Spero di non sbagliarmi ;)
EliminaRicordo anch'io quest'incipit in un altro film, e che film poi ;)
RispondiEliminaInevitabile pensarci, ma qui si prende un'altra piega che non è affatto male!
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