Potrei iniziare concentrandomi su François Ozon, un regista quanto mai prolifico, quanto mai eclettico.
Capace di passare dal melodramma in costume (Frantz) alle crisi di genere (Una nuova amica), dai thriller a tinte erotiche (Doppio Amore) ai sofisticati intrecci letterari (Nella Casa), dalla commedia politica (Potiche) al ritratto di una generazione che non si orienta (Giovane e Bella).
Arriva ora al film di denuncia, un film diverso dagli altri (proprio come gli altri sono diversi fra loro) in cui Ozon stesso si annienta.
La sua mano non si sente, si sente solo il suo sguardo capace di incorniciare la bellezza di chiese, interni e dei suoi protagonisti, ma lascia a loro la parola.
Anzi, lascia alle loro parole, la parola.
Potrei allora iniziare dal fatto di cronaca che Grazie a Dio mette in scena.
L'ennesimo -ma non per questo meno tragico- caso di abusi di preti su minori.
In particolare un prete che a Lione, in campi scout e attività di parrocchia, ha abusato per anni di decine di bambini.
La trafila è sempre quella: appena le acque si agitavano, i genitori o i colleghi sospettavano qualcosa, veniva trasferito.
Quando Alexandre lo ritrova a distanza di anni ancora in servizio, ancora a contatto con minori, non ci sta e parte con un'azione prima solitaria, poi collettiva.
Per trovare la pace per se stesso, per denunciare il sistema della Chiesa che copre e nasconde.
Trova così altre vittime, che a lui si uniscono, che anche più battagliere danno vita ad un caso legale e mediatico, correndo contro la prescrizione, i pregiudizi della società e il loro stesso dolore.
A questo punto, non resta che registrare le voci di questi protagonisti che si alternano.
Voci diverse fra loro, per estrazione sociale, per futuro roseo o meno roseo a cui sono approdati, per il modo di reagire a quanto avvenuto, a quanto sta accadendo.
Chi abusa di droghe per mettere a tacere i propri fantasmi, chi si rifugia paradossalmente nella fede per trovare conforto, chi nella battaglia trova finalmente un modo per andare avanti.
Le famiglie, le compagne e i figli stanno accanto, osservano e aiutano.
La Chiesa, ovviamente, non risponde.
E Ozon?
Ozon decide di nascondersi, di registrare queste lotte interne ed esterne, di dargli voce.
Il problema è però nel come.
Se il cosa mette ancora i brividi, fa indignare e nuovamente aprire gli occhi, la scelta di raccontare tutto in una lunga serie di lettere, confronti e deposizioni, non aiuta.
Mancano le furbizie ma anche il ritmo e la coralità de Il Caso Spotlight, che usando i giornalisti e le loro indagini riusciva a coinvolgere e ad appassionare in grado maggiore.
Perché, nonostante l'importanza della storia vera da cui Grazie a Dio è tratto, resta il fatto che di film si tratta, e che quindi una sceneggiatura così densa, quasi prolissa, mina il lavoro di denuncia che sta alle sue spalle.
Voto: ☕☕/5
Considerando che avevo detestato pure Il caso Spotlight, questo film mi spaventa.
RispondiEliminaOzon, fuori dalla sua comfort zone, non so quanto mi piacerà.
Più che altro un Ozon che si annulla, lasciando parlare la verità di lettere e documenti. Insomma, il caso necessità di serietà, ma il cinema vuole ritmo.
EliminaTema decisamente pesantuccio, e il fatto che Ozon si annulli è un peccato.
RispondiEliminaMi sa che, almeno per il momento, giro al largo. Grazie a Dio che è arrivata la tua recensione ad avvertirmi! ;)
Ozon si annulla al servizio della storia e si procede per lunghe filippiche e tormenti. Giusti, per carità, ma siamo al cinema e davvero si fatica a seguire ed simpatizzare.
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