18 novembre 2019

Il Lunedì Leggo - Allontanarsi di Elizabeth Jane Howard

La guerra è finita, ma le sue conseguenze si fanno ancora sentire.
Razionamenti, mancanza di lavoro, vite da rimettere in sesto.
Strappi da ricucire quindi, e case che case lo sono state per una famiglia allargata per anni, da abbandonare.
Home Place si svuota, Londra ormai chiama.
E ci si divide, in ogni modo possibile.
Tornano i Cazalet, con un quarto capitolo che vede quelle ragazze ormai adulte, pronte a cercare lavoro, un appartamento, un marito. E quei fratelli che si ritrovano e si perdono, e che sono alle prese con mancanze e nuovi amori.
Come fare?
Come può Edward continuare a dividere la sua vita in due: da una parte la fredda Villy, dall'altra la focosa Diana, che chiede e pretende di più?
E come può Hugh andare avanti senza Sybil cercando di non soffocare la sua Polly?
E Rachel che continua a badare ai genitori sempre più anziani, ora che si ritrova più vicina ma anche più lontana a Sid?
Come può Rupert giustificare il silenzio e il suo ritorno, e Zoe accoglierlo nonostante l'amore provato senza di lui?



Fa strano trovare i Cazalet fuori da Home Place, per le strade e i quartieri di Londra, e fa strano trovarli così divisi. Così tanto da sentirsi e vedersi poco tra loro, da dimenticarsi gli uni degli altri, figli compresi.
Perché questi sono innegabilmente cresciuti, chiamati a badare ad un figlio che non si voleva, ad innamorarsi con tutto il dolore del caso, a cercare un lavoro, che sia da segretaria, da arredatrice o ancora ad inseguire i sogni d'attrice.
Fa strano trovare le ragazze, donne, ormai. E fa ancora più strano stare lì a scalpitare per coppie che da sempre si tifano, piangendo calde lacrime per addii e cani che non ce la fanno.
Lo dico.
A Christopher ho voluto un gran bene. A lui, animalista, pacifista, solitario sognatore, speravo andasse meglio.
Lo dico, Polly e il suo lavoro da sogno, con l'occhio giusto, mi ha fatto temere in un matrimonio farsa, anche se tutto sembra perfetto. Mentre da Clary, coraggiosa e diversa, non perdonerò facilmente la sua sbandata.
E lo dico, la riconciliazione fra Zoe e Rupert, i dubbi di lei, i suoi sensi di colpa nei confronti della madre, me l'hanno fatta sentire stranamente vicina. In incontri/riunioni che aspettano pagine per essere raccontati e che portano inevitabilmente alle lacrime.

L'occhio di riguardo la Howard c'è l'ha sempre verso le donne. Se la condizione di mogli ferite e amanti spaventate la si era solo in parte toccata, con Louise si va a fondo della questione: lei, giovanissima dalle belle speranze, intrappolata in un matrimonio senza amore, con un figlio che non voleva, una suocera senza pietà e la depressione che bussa sovente alla sua porta. Nemmeno la terapia la può aiutare, e il suo ruolo di vittima sembra non poterle essere riconosciuto per via della sua superficialità, rendendo ancora più tragico il suo destino.
La zampata la Howard ce la dà anche quando il Generale se ne va.
In un silenzio che lo aveva avvolto ed escluso dalla narrazione, ci fa notare come mai, in tutte le pagine ormai lette, ci si era interrogati sul matrimonio dei capostipiti. Come si amavano lui e la Duchessa? E soprattutto, si amavano? La ritrosia vittoriana della loro unione ha steso un velo difficile da alzare, i figli, l'azienda, il giardino ad occuparli.
Ma lei, la Duchessa, che tutto vede e tutto sa intuire, diventa subito un'anima da proteggere e da amare.

Si arriva così in un battito di ciglia lungo in realtà 2 anni ad un finale palpitante, romantico a dir poco. In cui si spera che almeno una coppia tanto sognata coroni il suo sogno fatto di colpi di fortuna. In cui gli eventi di tutti questi anni vengono riassunti da Archie, l'amico, il confidente, un secondo padre che chiedeva altro.
Si potrebbe chiudere così, con una scrittrice che non sapeva come concludere il suo romanzo, con le fila dei Cazalet riuniti in un matrimonio felice e le gesta di tutti -compresi i cugini, spesso relegati in un angolo- che trovano il loro spazio.
Si poteva, ma c'è ancora un ultimo capitolo da leggere, che dovrà fare i conti con la bellezza che l'ha preceduto: una corposità che non diventa un peso, un intreccio di storie e di voci che già iniziano a mancare.

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