Partono dirette, community, thread, newsletter, meme, flashmob.
E tu, che non sai come gestire tutto questo, preferisci il silenzio.
Il silenzio e continuare a fare quello che sai fare, che hai sempre fatto: scrivere di film, di serie TV, consigliarli ora che in casa ci devono stare tutti.
Per forza.
Ci provi a stare un po' più sui social, capisci che ci stai di più, per farti qualche risata, farti scendere qualche lacrima, tra video di chi ci mette dell'impegno, del genio.
E ti fa sentire in difetto.
Ma la tua natura è sempre quella, e resti quella di sempre che consiglia film, consiglia serie TV e qualche libro.
In tanti hanno iniziato a scrivere un diario della quarantena.
Un diario della quarantena?
E io cosa potrei mai scrivere più di quello che c'è qui, di quello che faccio e fondamentalmente vedo: un film, a volte due, 4-6 episodi al giorno, qualche pagina di libro?
In più ci sono solo le corse e i giochi che faccio con il cane, i tentativi di giardinaggio senza sconfinare troppo in un territorio proprio del giovine.
Potrei scrivere di come tutto è iniziato, dei primi timori quando ancora tutto era in Cina e sembrava lontano, lontanissimo.
In quei giorni di gennaio siamo stati invitati dai vicini (cinesi) a festeggiare con loro il loro Capodanno (cinese), siamo andati assieme al ristorante (cinese) assieme a tutti i loro amici (cinesi) in uno stanzone dedicato ai festeggiamenti (cinesi). Cercando di capirci in qualche modo, che il loro italiano è ancora limitato, cercando di capirli noi, quando la serata è finita a casa loro giocando a Mahjong.
Era il 25 gennaio, amici c'hanno preso in giro, altri c'hanno evitato per giorni.
Noi questi vicini da sempre gentili ancora li ringraziamo, oggi ancor di più visto che giusto ieri c'hanno chiamato al cancello, protetti di tutto punto, per regalarci delle mascherine.
Sì, quelle tanto preziose.
Il diario potrebbe continuare con quel secondo focolaio acceso proprio in provincia di Padova in un weekend in cui a Padova siamo andati due volte, per il Carnevale, per un museo.
E potrebbe proseguire con i dubbi sul viaggio a Berlino:
Che si fa, si parte lo stesso?
Che misure sta prendendo il governo?
I numeri si alzano, la stampa impazzisce, crea caos, paure, ansie.
Visito compulsivamente ilpost e il sito della Farnesina.
Cerco di tranquillizzare parenti.
Poi, poco prima di partire, la stampa fa dietrofront, calma i toni, fa mea culpa.
Pure i parenti si tranquillizzano
E al grido di "se ci lasciano partire, si può partire", io e il migliore amico partiamo.
Senza controllo alcuno all'andata, con la temperatura misurata al ritorno.
Ma me ne ritorno con un raffreddore che dura una settimana. Niente febbre, però, e allora il medico dice di non allarmarsi, anche se la gola pizzica, se c'è un peso nuovo al petto che fa paura, ma è probabilmente psicosomatico.
Mi conosco ormai.
Torniamo e il virus esplode davvero, si propaga, i numeri non si fermano più, finalmente le misure restrittive entrano in vigore, a non poter partire ora sono mia mamma, mia sorella, tra voli annullati e regole più ferree, fino all'escalation di oggi.
In quarantena.
Ecco, questo potrei scrivere in un diario ipotetico, in cui per appena una serata, un weekend, un weekend allungato, questo virus ha davvero influito sulla mia vita.
Lo fa anche oggi, ovvio.
Ha continuato e continuerà a farlo.
Ma lo sento meno.
Perché per fortuna qui, nelle campagne venete, ancora si respira.
Il fatto è che la quarantena non ha cambiato di una virgola la mia routine.
O quasi.
Che ultimamente pure il weekend non è che si uscisse, non è che si facessero seratone.
Ora che anche a lavoro non vado più, in una cassa integrazione che per fortuna non spaventa troppo, le uniche aggiunte sono un film e un episodio, da spalmare in mattinata.
Certo, non vedo più la famiglia, ma ci chiamiamo.
Sono sempre stata capace di bastare a me stessa, di stare bene con me stessa.
Anche se le giornate no, le malinconie, ci sono.
L'ho imparato in una vacanza che è classificata come la peggiore della mia vita: 10 giorni a ritrovare la coinquilina francese del primo anno di università, a girare con lei e le sue amiche le coste della Normandia.
È finita che quelle amiche hanno alterato gli equilibri, i piani continuavano a cambiare facendo sbuffare tutti.
Io in mezzo a crepe e fratture, potevo benissimo starmene in spiaggia, con il mio libro, e stare bene.
Pure l'ultimo giorno, da sola per Parigi prima di andare all'aeroporto, seduta a Notre Dame, a guardare gli artisti fuori dal Centro Pompidou, non ho avuto niente da recriminare.
Anzi, ricordo quei momenti come i più belli di quella vacanza.
Ora, oggi, da sola non sono.
Ho il giovine.
Certo, siamo rodati, capiamo i nostri spazi, ma tanto lui fa(-ceva, aggiornato al nuovo decreto) parte di quei lavoratori delle aziende del nord indomite che continuano a tenere aperto, e allora, per venirci a noia non c'è chissà quanto tempo.
Certo, ho una casa grande, ho un giardino ancora più grande, ho solo campi attorno e la situazione sembra ancora contenuta.
Certo, ho un cane buffo che mi tiene compagnia, non facciamo più le passeggiate, ma corriamo come scemi rubandoci giochi e palline.
E allora io che mi ritrovo a vivere come sempre, mi sento in colpa a vivere come sempre.
Sento che dovrei sentirla di più l'emergenza, la particolarità del momento.
Che quei numeri non sono solo numeri.
Mi chiedo se il non sentirla e continuare ad interrogarmene sia il mio solito modo di reagire alle cose, che nella scala delle 5 fasi del lutto è la negazione mista a depressione.
Mi ribello a me stessa consultando più spesso ilpost, mio malgrado pure i social in cui in mezzo a quei video geniali, a quell'intrattenimento spiccio che riesce a strappare un sorriso, mi ritrovo circondata da tuttologi, virologi, sentinelle che sputano sentenze e stanno a guardare chi di casa esce senza saperne davvero il motivo, senza magari chiedersi se lungo il tracciato di uscita il metro di distanza è mantenuto, i contatti sono a zero.
Vedo la degenerazione, in mezzo all'inventiva, e non so bene cosa potrei apportare io.
Vedo il rumore che fanno tutti, e oggi c'aggiungo il mio per placare un'inspiegabile senso di colpa, una sensazione di rimanere indietro.
Eccolo qua l'inevitabile post sulla quarantena.
Eccolo, prima di tornare nel silenzio e lasciar parlare i film, le serie, i libri che sono davvero i compagni migliori che possiamo avere oggi: per capire, crescere, migliorare.
O semplicemente, per riuscire a starsene a casa senza pensare troppo.
Parlano troppo, si contraddicono, ma nessuno ci spiega chiaramente perché solo l'Italia in tutto il mondo ha tanti malati.
RispondiEliminaLeggo solo ilpost che spiega le cose con chiarezza e cerca di rispondere anche a queste domande dicendo che dipende da tanti fattori (come si contano i morti -con o per coronavirus-, l'età media della Nazione e dei contagiati, le capacità degli ospedali...). Insomma, è un momento difficile, ed è meglio affidarsi all'informazione giusta e non alle polemiche, per cui ti rimando al loro sito :)
EliminaE invece questo post apporta molto. Un punto di vista che non si sente molto e che è abbastanza vicino al mio, e in cui magari anche altri ci si possono ritrovare.
RispondiEliminaRispetto a te forse sento di più lo stato d'emergenza, forse dovuto alla mia paura. Le serie mi tengono compagnia, mentre per quanto riguarda libri o film troppo lunghi, devo ammettere che in questo periodo sto facendo piuttosto fatica a mantenere un livello di concentrazione sufficiente per dar loro la giusta attenzione. Troppe distrazioni, troppe news, troppi pensieri intorno.
Grazie, davvero.
EliminaForse dipende anche da quanto si sente vicina questa emergenza, perché qui, in mezzo alle campagne, in cui tutti sembrano ancora in salute, non la si avverte se non leggendo i siti di informazione o i social.
Film ed episodi diventano così delle pause ancora più necessarie per spegnere le ansie e respirare un po', Con i libri fatico anch'io in realtà, andando con quelli brevi, a capitoli a sé, per reggerli meglio.
Paradossalmente a me non è cambiato niente in termini di routine, solo che la preoccupazione un po' attanaglia, non ti fa stare tranquillo, ma bisogna resistere a tutti i costi.
RispondiEliminaEsatto. Finisco un film, un episodio, e torno a una realtà uguale ma comunque diversa. In cui non sai di cosa devi preoccuparti, cos'altro cambierà.
EliminaNon resta che resistere.
Io, non mi vergogno a dirlo, ho paura. Non m'interessano le percentuali sulla mortalità, so che muoiono migliaia di persone, faccio un lavoro dove sono costretto a stare al pubblico (ritenuto "essenziale", che c**o!) e quando vado a fare spesa vedo gente che ti guarda in cagnesco... sarà che vedo troppi film, ma temo che più continuerà questa emergenza più ci saranno problemi sulla tenuta mentale delle persone (e, adesso, mi fanno ridere quelli che consideravano Joker un film "costruito" e finto). Ho paura per me, per i miei familiari, per il mondo che uscirà fuori da questa situazione.
RispondiEliminaIl problema è che quando non sto bene non riesco a fare nulla: non ho voglia di vedere film, non ho voglia di leggere, non ho voglia di sentire nessuno... spero che questo incubo finisca il prima possibile ma, al solito, non sono ottimista.
Ecco, diciamo che se c'è una cosa che mi spaventa, è come sarà il dopo più del quando sarà il dopo.
EliminaNon sapere cosa succederà, come inevitabilmente cambieranno le cose, accende nuove ansie.
Trovo conforto nel rifugiarmi nei mondi che registi e autori hanno pensato, un altro modo per viaggiare, per uscire di casa in tutta sicurezza e magari finirne arricchiti.
Anch'io, come te, faccio parte di coloro che non hanno stravolto la loro routine. Anche perché non ne ho mai avuta una ferrea. Anzi, da quando mi sono laureato, senza lavoro, senza concorso in arrivo, riempio il tempo come posso. E ora, con tutto fermo, con tutti fermi, mi sento meno tagliato fuori. Tutti sembrano andare al mio (non) passo. Spero che, a cose finite, qualcosa cambierà anche per me.
RispondiEliminaIl non passo che sta facendo penare molti non abituati ad avere tempo per sé, tempo in generale, chissà che conseguenze porterà.
EliminaRingrazio di avere un'agenda fitta di titoli, e una Primavera che con i lavori che richiede, sembra l'unica buona notizia di questa emergenza.