6 gennaio 2023

The Fabelmans

Andiamo al Cinema

Certe storie non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Storie di vita, storie di famiglia, storie personali.
In piena pandemia, si temevano i film apocalittici, le commedie goderecce, le metafore su contagi e lockdown che registi pigri avrebbero potuto tirar fuori da mesi di inattività.
Se qualche titolo sul genere è arrivato e ha avuto poca fortuna, a guardare gli Autori, quelli con la A maiuscola, sembra che i mesi di pausa forzata, di chiusura in casa, abbiano portato a ripensare alla loro casa, alla loro infanzia, alla loro famiglia.
Da Sorrentino a Paul Thomas Anderson, da Linklater a Branagh passando pure per l'onirico Iñárritu,  i grandi registi si sono guardati alle spalle e hanno deciso di fare i conti con il proprio passato.
Da come l'amore per il cinema è nato a come la loro famiglia imperfetta li ha formati.
Ultimo, in ordine di tempo, tocca a Steven Spielberg.


Un autore che si era ormai stagnato nel raccontare le storie dei grandi eroi comuni e non americani, ma che dopo la realizzazione del remake di West Side Story sembra deciso a togliersi ogni sassolino dalle scarpe e ora ha tirato fuori dal cassetto un'idea e una sceneggiatura ferma da vent'anni. Quella della sua famiglia, a raccontare di traslochi e tradimenti, di hobby che sono altro e di lezioni di vita.
Una pagina intima, autobiografica, che non voleva urtare la sensibilità dei genitori nel riaprire vecchie ferite. Dopo la morte di entrambi, l'urgenza si è fatta sentire, portando i figli a riunirsi, confrontarsi, dare l'ok al progetto.
Ed eccoli, quindi, i Fabelmans, che sono gli Spielberg.
Padre genio della tecnologia, madre pianista e casalinga. E Samuel, soprattutto, che conosce l'amore per il cinema grazie a uno spettacolo che è il più grande del mondo, e che per scacciare ansie e paure imbraccia la prima macchina da presa, cambiando per sempre il suo sguardo.
Questione di controllo, di sogni da ordinare.
Dall'infanzia alla giovinezza arrivando all'adolescenza, i film da girare sono western, sono montaggi di scuola, di famiglia, in cui i segreti e le crepe vengono a galla, perché niente sfugge ad un occhio attento.


Racconta di sé, Spielberg, e lo fa con una poesia e una delicatezza che quasi non ti aspetti da un autore abituato a nascondersi dietro uomini comuni o dietro visioni anni '80.
Qui, oltre a dimostrare tutta la sua maestria nel saper muovere la macchina da presa e a gestire il montaggio, con la ricerca dell'inquadratura migliore andando a perfezionare anche quelle dei filmini da lui girati correggendo errori di gioventù, si fa anche autore, mettendoci tutto di suo e facendo dei Fabelman una famiglia imperfetta e infelice, ma capace di essere unita e solidale.


La lunga crescita e presa di coscienza di un giovane che vuole fare il regista a tempo pieno, passa attraverso bulli, amori e soprattutto incontri speciali. Quello con uno zio scorbutico come sa essere Judd Hirsch, e soprattutto quello finale, perfetto, con un grande regista, proprio lui, John Ford, interpretato da David Lynch.
Quando non si vuole stare sul vago.
Con buona pace del giovane e capace Gabriel LaBelle, sono Paul Dano mesto e remissivo e soprattutto la spumeggiante e ferita Michelle Williams a rubare la scena, con quest'ultima che potrebbe agguantare un Oscar con facilità, tra voce roca, facili entusiasmi e lacrime a scoprire la sua fragilità.
Chissà cosa ne direbbe Dawson Leery a vedere il suo primo amore dirigere il suo primo amore in un film che spesso lo ricorda e con richiami al suo stesso film (quel vestito che in controluce tutto mostra)!


Non ultimo è da citare John Williams che esce momentaneamente dalla pensione solo per l'amico Steven, creando una colonna sonora altrettanto emozionante e portante.
La magia sta qui, sta dentro un armadio, al buio, sta quando le luci si spengono e il proiettore scatta, sta nella pazienza del montaggio e nello sguardo fiero di genitori, anche se non si incrociano tra loro.
Sta nell'orizzonte gusto, quello che regala un finale perfetto che finisce di diritto nella Storia, a rendere il racconto di una vita una dichiarazione d'amore al cinema stesso, per chi di cinema continua a vivere.

Voto: ☕☕☕☕½/5

7 commenti:

  1. Zio Steven consapevole del suo ruolo di narratore, ci porta alle origini della "Spielberg face" e se vogliamo, anche del senso di meraviglia, che sta alla base del cinema. Tra intimismo e ciocchi fortissimi, un film inseguito per una vita che usa il cinema al suo meglio, con uno dei finali più belli del 2022. Pare che aqualcuno ne n sia piaciuto, io non so proprio cosa si possa chiedere di più dal più grande studente ed innamorato della settima arte vivente ;-) Cheers

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  2. Finito di vedere qualche ora fa, l'ho adorato, qui lo zio Steve ha fatto un ottimo lavoro, forse non un capolavoro ma che ci importa? Il film merita di essere visto xD

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  3. E' assolutamente in lista per essere visto. E al cinema.

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  4. Che ne parliamo a fare... Amatatissimo.

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  6. Per me parecchio deludente. La parte adolescenziale in particolare è davvero banale e cringe. Erano meglio i film che girava Dawson... :)

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  7. Visto, e confermo Cannibal: grossa delusione, specie per l'infarcitura di stereotipi e luoghi comuni, dal bullismo da serie tv alla noiosa redenzione della madre, che si prende tutta la scena, con l'orizzonte inevitabilmente in mezzo. Peccato.

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