6 settembre 2024

Venezia 81 - I Film Orientali

Stranger Eyes

Com'è la nostra vita vista con gli occhi degli altri?
Diversa, ma allo stesso tempo ci mostra chi realmente siamo, mettendoci davanti quello che cerchiamo di tenere nascosto.
Darren e Pei sono due giovani genitori la cui figlia è sparita nel nulla. È bastata una distrazione, e ora si ritrovano a cercare indizi in vecchi video, a fare i conti con i loro sensi di colpa. Quella figlia che ha cambiato la loro vita, che si è messa in mezzo alla loro coppia, che li ha costretti a convivere sotto il tetto della madre di lui, la volevano davvero?


Li mette alle strette un vicino, che li segue, li riprende, li stalkera da tempo. Osserva la loro tristezza, i loro tradimenti e pur sospettato dalla polizia, diventa colui che punta il dito sul vero colpevole. Ma anche il suo guardarli, il suo osservarli, racconta qualcosa di lui, solo e isolato dagli altri, che segreti nasconde quando i ruoli si invertono?
È un film che si basa sugli sguardi, su una verità che si dispiega lentamente, lasciando respirare i personaggi e il mistero che li circonda.
Anche quella coda finale, a indagine concluse, ha un suo senso. 
È sempre questione di pazienza, ormai l'ho capito, con i film giapponesi.

Happyend

Ancora Giappone, ancora gli sguardi degli altri. In questo caso quello impietoso di sistemi di sicurezza che violano la privacy e cambiano la vita a degli studenti all'ultimo anno del liceo. Quelli che seguiamo sono i classici combinaguai, che la scuola la occupano, che si danno a piccoli furti e irruzioni per divertirsi. Quando si cresce?


Fra loro, c'è chi grazie all'amore lo fa in fretta, interessandosi a come va davvero il mondo, unendosi alle proteste contro il governo e prendendo le distanze da chi di crescere non ha voglia. Questione anche di appartenenze, di famiglie immigrate sempre viste con sospetto, di ricchezza che copre ogni danno.
Un film generazionale non semplice da amare visto che i personaggi possono tranquillamente passare per bulli, ma una storia di amicizia che cambia, forse finisce, sicuramente segna.
Tristemente dimenticabile, a parte il finale. Che più che lieto, è dolceamaro.

Broken Rage

Dici Takeshi Kitano dici regista di culto.
Basta poco più di un'ora per dimostrarlo mentre racconta la storia di un sicario senza scrupoli e il suo spin off, dove gli scrupoli non ci sono ma lo stile è molto più carente.


Dal thriller teso a sventare una cellula mafiosa a un film comico e assurdo sempre per sventare una cellula mafiosa, due lati di una stessa storia a dimostrare come può cambiare il racconto in base al registro scelto.
E in mezzo?
In mezzo discussioni via chat per allungarlo il film e regalare risate a basso budget ma molta inventiva al pubblico ormai spossato della Mostra.
Grazie Takeshi, mi ci voleva, spin off & off compreso!

Youth

Wang Bing è un documentarista che ha i suoi fedeli, io posso dire tranquillamente di non essere fra quelli. Segue i suoi soggetti per anni, ci immerge nelle loro vite senza cercare un racconto lineare ma mostrando la quotidianità, i pezzi di Cina e le sue contraddizioni. Qui punta lo sguardo verso i giovani che dalle regioni più lontane scendono in città cercando lavoro.


Tessitori per lo più, che cambiano laboratori e dormitori con facilità, in base alle paghe, alle macchine utilizzate, cercando una fortuna che non arriva. Sfruttati e mal pagati, si sposano presto e figliano ancora prima, mentre i genitori che quella vita l'hanno già fatta, invecchiano malamente e chissà come faranno a stare lì, al freddo, fra la neve.
Li seguiamo tornare a casa, tornare a cercare lavoro, tra speranze litigi e i dubbi.
È tutta qui la vita?
Lavorare, ammalarsi, andate avanti? Stanza dopo stanza, cucitura dopo cucitura?
Uno sguardo impietoso ma anche carico di speranza come quella che mettono questi giovani nel loro lavoro, ma due ore e mezza per raccontarcelo così sono francamente troppi.

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