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Stephen Frears ci ha riprovato.
Ma il fatto di aver trovato questo film a noleggio senza mai averne sentito parlare, sta a significare che mica gli è riuscito il nuovo miracolo.
Miracolo avvenuto nel 2013 con Philomena, con un racconto che mescolava Storia e umanità, comicità e dramma nella ricerca da parte di un'anziana irlandese del figlio avuto in convento, e che le era stato portato via.
Era una delle prime volte che fuori dai confini irlandesi e al grande pubblico si parlava delle Magdalene, e la presenza di Judy Dench, perfetta donna altera e schietta, e del giornalista dal cuore gelido di Steve Coogan facevano il resto, conquistando Venezia e il grande pubblico.
Ci ha riprovato, con una storia leggermente diversa in cui però è protagonista la Storia e l'umanità.
Quella di Riccardo III e della sua tomba, e quella di una donna affetta da Sindrome da fatica cronica, che si ossessiona alle vicende di un re usurpatore, sbeffeggiato dai Tudor, pensato sempre e solo come il tiranno inscenato da Shakespeare e non un re la cui disabilità non stava certo a significare una menomazione del carattere.
Si ossessiona a tal punto, Philippa Langley, da vederlo quel Re, dal parlarci, dal cercare ogni informazione diventando in poco tempo il membro più appassionato della Richard III Society riuscendo a conoscere professori universitari e rinomati studiosi che dopo l'iniziale diffidenza verso una casalinga dal fisico debole, capiscono che forse ha ragione. Che forse cercare i resti di Riccardo III e dargli una degna sepoltura è una ricerca che vale la pena perseguire.
Ed è qui che qualcosa si è rotto in me.
Un conto in sospeso con Riccardo III ce l'ho dai tempi dell'Università.
Tragedia teatrale a cui era dedicato un corso monografico di Teatro, mi aveva visto sbadigliare e non provare grande interesse per un Re rabbioso disposto a dare il suo regno per un cavallo.
L'immagine di una madre angosciata per i suoi figli chiusi in una torre non mi aveva smosso nessun sentimento, cosa che non ha giocato a mio favore durante l'esame, con il professore stupito dalla mia freddezza.
The Lost King non mi ha fatto cambiare idea, con il personaggio di Sally Hawkins non facile da amare mentre lascia lavoro e impegni dietro questa ossessione.
Sono poi i soldi raccolti, richiesti e trovati per finanziare questa ricerca non certo fondamentale che fanno tirare su il naso in un senso di frustrazione che farebbe imbestialire il leone da tastiera che è nascosto più o meno dentro ognuno di noi.
Prestigio per l'Università, turismo per la città di Leicester, certo.
E alla fine, il soggetto giusto per un film: quella della donna comune che riesce in un'impresa storica, nel senso più pieno del termine.
Forse è solo questione di motivazione, di piglio, di interesse verso questo soggetto, ma in fondo ci sono anche le dinamiche che Philippa instaura con professori, studiosi e con l'ex marito interpretato nuovamente da Steve Coogan non riescono a far brillare la protagonista di una storia appassionante, senza esserlo davvero.
Colpa delle sensazioni, a cui si affida?
Alle intuizioni a cui è più difficile credere?
Credo di sì, perché quello che poteva essere un film leggero salva-serata, capace di insegnare qualcosa in più rispetto a un re dimenticato, finisce presto nel dimenticatoio.
Voto: ☕☕½/5
Per quanto ami la britannicità, questo direi proprio che è not my cup of tea :)
RispondiEliminaCosì inglese da irritare, Riccardo III non è proprio il mio re.
EliminaConto in sospeso a parte, non è certo un grande film, ma nel suo piccolo male non è, però del Re sinceramente m'importava poco.
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