7 settembre 2024

Venezia 81 - Gli ultimi film in concorso

Ainda Estou Aqui 

Brasile, 1971
Anni di arresti e torture, di desaparecidos che come nel resto del Sudamerica portano dolore e nessuna risposta a centinaia di famiglie. 
Fra queste quella di Marcelo Rubens Paiva, padre e marito rispettato, che sparisce nel nulla dopo un arresto. Sta alla moglie mantenere dopo un mese di carcere in piedi i pezzi, proteggere i più piccoli, dare battaglia affinché la verità si conosca. 


Donna forte e coraggiosa interpretata in modo magistrale da Fernanda Torres su cui punto per la Coppa Volpi, è un film storico a suo modo classico ma che parla di una pagina di storia non così conosciuta oltre i confini brasiliani e che fa ancora male. 
Dalla felicità e dal caos dei giorni insieme, ai colori che si spengono e le lacrime che si nascondono nei primi giorni della scomparsa fino agli inevitabili salti in avanti (uno di troppo però c'è) per saperne di più, per vedere le conseguenze su figli chiamati a crescere in fretta e chi non ha mai mollato.
Una ricostruzione fedele e asciutta, ma non per questo meno sentita.


Harvest

Regno Unito, 1500
La rivoluzione agricola è in atto e quelle che erano terre libere coltivate in comunità diventano ora di proprietà e iniziano sfratti e cambiamenti.
Anche in un piccolo villaggio dalle tradizioni rurali radicate dove gli esterni vengono puniti, le streghe vanno trovate e la resistenza passa attraverso la violenza.


Il nostro occhio è quello di un vedovo che lì è rimasto anche dopo la morte della moglie, viene tentato da chi disegna mappe e conosce il suo territorio pur passandoci per la prima volta, ma ha anche paura di vedere i campi arati diventare terreno da pascolo.
Senza girarci troppo attorno, Harvest non è un film da concorso, non si capisce com'è che Athina Rachel Tsangari non sia parte del SiC dove sarebbe molto più a suo agio, per temi e modalità di racconto.
Siamo al limite del sopportabile, fra sequenze di brutalità e riti pagani senza che niente davvero accada. 
Ci prova Caleb Landry Jones a fare suo il solito personaggio strano e saggio, come da copione, ci prova pure la grana calda della pellicola 35mm ma la voglia di alzarsi e uscire dalla sala è stata davvero alta. 
Si resiste, a denti stretti, e ci si chiede perché.

April

Altra regista femminile, altro film molto ostico.
Se dovessi dire semplicemente di cosa si parla, si parla di aborto che in Georgia è ancora illegale. Seguendo una ginecologa sotto osservazione dopo un parto finito male e che li pratica di nascosto nei piccoli villaggi. È la speranza di mogli giovanissime, ma è anche un pericolo per quell'ospedale se dovesse venire scoperta. Lei, si sente in missione, sola e isolata, sfoga i suoi istinti con il primo che incontra ed è perseguitata da una figura che sembra rappresentare i fantasmi dei mai nati.


Questo, quindi, il film di Dea K'ulumbegashvili. 
Ma il racconto non è certo coinvolgente, avvolge lentamente fatto di scene a camera fissa, di parentesi sulla natura, mostrandoci senza censura parti e aborti in una durata spesso spossante. La visione non è delle più facili, bisogna ammetterlo visto anche le fughe continue dalla sala.
Al limite del sostenibile, si resiste grazie al magnetismo di Ia Sukhitashvili, attrice che si porta il peso del film sulle spalle che una chiusa vera e propria non ce l'ha.
Il mese di aprile sembra un mese come un altro. Purtroppo.

Love

L'amore spiegato dai norvegesi.
Il che significa tante, tante parole, tante domande e tante questioni sollevate dai protagonisti, un'urologa e il suo collega infermiere che si confrontano sulle loro idee, sulle loro esperienze. Dal sesso occasionale al metter su famiglia, dal piacere dei rapporti omosessuali alle convenzioni e la moralità via tinder.


Seconda parte di una trilogia che era partita con il sesso e si concluderà con i sogni, questo amore parlato e discusso, sezionato e confrontato con lucidità senza mai alzare i toni, può sfinire. Ma può anche fare riflettere. La regia non ha chissà quali guizzi per non distrarre dai dialoghi, le location sono scarne e i personaggi non troppo brillanti nella loro umanità, ma alla fine lasciati da parte noia e dubbi, si entra nel film e si accetta il confronto.
Non il titolo ideale per chiudere questa Mostra, devo ammetterlo al mio programma.

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