Metti una sera come tante, in cui ceni, ti rilassi a bordo piscina, dai la buonanotte a tua moglie prima del bicchiere della staffa.
Rientri, e lei è morta.
In un lago di sangue, ai piedi delle scale.
Un incubo ad occhi aperti.
Ma va peggio, perché quella che sembra una caduta finita in disgrazia, agli investigatori non convince, e ti accusano, ti arrestano, per omicidio.
L'incubo si trasforma in una lunghissima odissea processuale, in tentativi continui di ribadire la propria innocenza, spendendo milioni di dollari in avvocati, aspettando la sentenza.
Che arriverà come una ghigliottina.
E tu, innocente dichiarato colpevole, accetti il tuo destino.
Tu, famiglia disgregata, non puoi che piangere.
Mentre tu, avvocato passionale, non puoi che rimettere in discussione il tuo ruolo, ma soprattutto quello di una giustizia che di dubbi non ne ha, che sembra aver tirato fili, nascosto prove, seguito schemi per provarla quella colpevolezza.
The Staircase racconta la lunga epopea di Michael Peterson contro lo stato di New York.
Lui, scrittore di successo, veterano di guerra, patriarca di una famiglia allargata e felice, ha visto tutto cadere a pezzi con la morte dell'amata moglie.
Da lì, quel processo in cui si è scavato ogni dettaglio della sua vita, in cui figlie adottive e orfane sono state chiamate a fare i conti con il loro passato, e lui a portare una pazienza infinita.
The Staircase, infatti, sussiste di tre parti.
La prima, l'originale, con il regista Jean-Xavier de Lestrade che tutto il primo processo documenta, muovendosi a casa dello scrittore, registrando moti di spirito e crisi esistenziali di un vedovo, di orfani, di avvocati puntigliosi. La seconda, in cui la speranza si riaccende, dopo 8 anni di carcere (OTTO!) finalmente l'appello per rivedere il tutto viene accolto, dimostrando l'imparzialità della polizia. Infine, l'ultima, in cui una parola fine, per quanto dolorosa da pronunciare, viene messa agli atti.
17 anni in totale dalla morte di Kathleen, da quella fatidica notte che sembrava una notte come tante.
17 anni in cui è difficile pure piangere per quella morte che davvero tutto ha rimesso in discussione.
La capacità di Jean-Xavier de Lestrade è quella di saper condensare e rimontare un processo lunghissimo e -a detta dei suoi protagonisti- particolarmente noioso, rendendolo accattivante. Ma soprattutto di sapersi muovere all'interno di una famiglia facendosi silenzioso testimone.
Il merito va però ai Peterson stessi, capaci di rimanere uniti, di ridere e scherzare a poche ore dal giudizio, capaci di reggere davanti alle macchina da presa sapendo stupire: per riflessioni tutt'altro che banali sulla colpa e sull'innocenza, sulla prigione vera o mentale che sia, sul ruolo stesso della famiglia.
Ci si appassiona quindi, e si rimane ancora una volta a bocca aperta di fronte a un sistema giudiziario così fallace, così palesemente di parte.
Precursore di Making a Murderer ma anche suo inevitabile fratello, lo si trova tutto su Netflix e farà indignare, saprà come spezzare il cuore.
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