4 novembre 2018

Dear Zachary: A Letter to a Son About His Father

Settimana Crime

Si conclude questa settimana crime, che ha visto concentrata in 7 giorni una passione sempre difficile da tenere a bada.
Si conclude fra le lacrime.
Se Lunedì si è letto un lungo articolo sul solletico in versione documentario, questa volta si scrive una lunga e dolorosa lettera a Zachary.
A scrivere sono amici, parenti, colleghi, che hanno conosciuto Andrew Bagby.
Scrivono a suo figlio, Zachary, consegnandogli ricordi, esperienze, parole che fanno male, che potranno solo fargli bene.
Gli scrivono perché suo padre, Andrew, non c'è più.
Lui, amico di tutti, testimone di nozze ambito, medico sapiente, è stato ucciso in una sera di novembre da Shirley, la madre di Zachary. Che non ammette la sua colpa, che fugge in Canada, che al primo giorno in tribunale rivela la sua gravidanza.
Nasce così una speranza nei genitori di Andrew, che tutto si son visti portare via, nasce un progetto per Kurt Kuenne, migliore amico di Andrew, con il pallino per la regia, che già in gioventù ha avuto Andrew come protagonista in filmini amatoriali. Ora sarà di nuovo al centro dei suoi racconti, in un documentario che diventa sì una testimonianza da tramandare a quel figlio nato sotto una cattiva stella, ma anche una terapia, un viaggio-elaborazione in cui lo stesso Kurt conoscerà meglio il suo amico.



Poi, però, questo documentario diventa altro.
Diventa testimonianza, sì, e diventa un documento con cui combattere contro un sistema giudiziario e sociale che non va, che affida ad una madre presunta assassina e decisamente instabile, un figlio che non sa mantenere, un sistema che costringe i nonni di questo bambino a dividere weekend, uscite, con la donna che ha ucciso loro figlio.
E loro, i Bagby, ingoiano tutti i rospi possibili, per amore di Zachary, di Andrew.
Fino all'impensabile.
Per questo, un documentario nato come un regalo, come un'elaborazione, esce dai canoni privati, esce dalla casa in cui avrebbe dovuto rimanere custodito alleviando dolore e perdita, incontrando il pubblico, scagliandosi contro un sistema, appunto, mostrando la forza di due genitori che si ritrovano ad avere più figli, anche se nessuno biologico.


Girato in modo splendido, con un montaggio ardito, con una voice over che velocemente riassume, mostra, parla di quanto accaduto, di quanto da ricordare, quasi in contrasto con la tragedia che va a raccontare, evitando pietismi e buonismi. Dear Zachary mostra senza filtri reazioni e ricordi, indugia dove può, dove è permesso dal dolore che lo stesso regista prova.
La parte crime, ha qui meno peso, la ricostruzione non lascia spazio a dubbi né diventa centrale, perché è altro il messaggio che si vuole lasciare.
E si finisce inevitabilmente in lacrime, di rabbia e di sconforto, lacrime difficili da digerire e da gestire, con un documentario che si fa testimonianza, che cambia il suo destinatario in fase d'opera e che non si farà più dimenticare.
Ascoltate un consiglio, cercatelo, vedetelo.


4 commenti:

  1. Ciao credo di averlo visto più di un anno fa questo docu-film quasi per una scomessa con Armellini de Il buio in sala.
    Ripeto quello che scrissi a lui a fine visione..grande rispetto per la vicenda ma a me questo documentario è sembrato più una farsa che altro.
    I dialoghi veloci ,troppo ( quello della cronista ad esempio) sembrano confondere più che spiegare.
    Le testimonianze di chi ha conosciuto Andrew e lo descrivono come una specie di santo a me sembrano artefatte.
    L’unica che probabilmente la pensava in maniera diversa se non ricordo male era la sua ex fidanzata storica ( alla quale è stato dato poco spazio).
    Attenzione non sto dicendo che non credo alla bontà di quest’uomo ma a me per tutto il film m’ha dato l’impressione di essere un po’ un tontolone.
    Lei chiaramente è pazza ma da quello che ricordo ha cresciuto altri due figli..., poi c’è ( giustamente) l’invadenza dei due nonni .
    Insomma non la giustifico però bisogna ammettere che il documentario ( film?) fa sentire sempre una sola campana!
    Poi l’amico che monta le immagini, mi sembra che avesse velleità registiche pure lui.
    Non so a me non è piaciuto, mi sembra qualcosa di cattivo gusto e poco serio rispetto alla memoria di tutte le vittime.
    Ciao

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    1. Ciao, proprio da Il buio in sala l'avevo segnato, aspettandomi grandi cose, che alla fine ho trovato.
      Penso che si debba tener conto di come il documentario è nato: doveva essere una lettera privata ad un figlio con cui conoscere il padre, ovvio quindi che se ne parlasse solo bene, in toni entusiastici. Da amica avrei tenuto per me eventuali aspetti negativi. Non credo comunque ci sia dell'artefatto, ma che si parli di un ragazzo generoso che alla rottura di una storia importante perde anche la testa.
      Quanto a lei, gli altri figli li ha abbandonati, e visto che il documentario vuole rendersi documento per cambiare certe leggi sacrosante, credo che a una donna sospettata di omicidio, mentalmente instabile e con otto denunce di stalking, un figlio non lo affiderei. Certo, solo una versione è stata sentita, ma vista la conclusione, quella giusta.

      Quanto al regista (che regista a tutti gli effetti era ed è), ho apprezzato la velocità del racconto e il tentativo di non renderlo troppo buonista o lacrimevole, pur riuscendo a far piangere. Insomma, come sempre si parla di sensibilità e gusti, e capisco le tue critiche :)

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  2. Rispetto la tua opinione...però per me il documentario, anzi a sto punto meglio chiamarlo film va troppo in una sola direzione ...racconta una sola verità partendo da due morti tragiche e sembra scorrere per portati dove vuole farti arrivare lui ( il regista e la sua verità).
    A me piace sentire tutte le versioni non solo quelle di “comodo”.
    Per me le finalità del regista sono meno nobili di quello che vuol far credere.
    È passato troppo tempo , il film l’ho cancellato perché proprio non mi era piaciuto.
    Grazie per avermi risposto.
    Ciao

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  3. Questo film mi ha spezzato il cuore quando l'ho visto, su consiglio di Giuseppe (sempre lui, quello de Il Buio in Sala), è uno dei film che ricordo con più affetto e tristezza.

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