17 dicembre 2021

Sull'Isola di Bergman

Andiamo al Cinema

Questo è l'anno della riscoperta di Ingmar Bergman.
È l'anno delle scene di un matrimonio, non solo quelle della miniserie HBO che aggiorna quanto raccontato dal regista svedese nel 1973.
È l'anno in cui anche la regista francese Mia Hansen-Løve decide di debuttare in lingua inglese affidandosi a Bergman, o meglio, alla sua isola.
A quella di Fårö diventata il suo rifugio, il suo set, il suo santuario, dove un'organizzazione a suo nome offre ospitalità a registi da onorare e che cercano la pace necessaria per finire futuri progetti.


In quella casa immersa nella natura, in quel fienile ad affiancarla a renderla ancora più speciale, si sistema la coppia di registi Tony e Chris, lui celebrato e in pieno tsunami creativo, lei bloccata in una sceneggiatura ancora senza un finale.
Tra un'esplorazione e un tour organizzato, tra silenzi e visioni di film di Bergman, Chris cerca di capire cosa farne della coppia protagonista del suo film, che non ha mai smesso di amarsi nonostante ora siano impegnati con altri, che da amanti si ritrovano ad un matrimonio proprio lì, a Fårö.
E per tre giorni si studiano, si stuzzicano, tornano ad amarsi.
E poi?


In un bellissimo gioco meta-cinematografico fatto di scatole cinesi, in richiami e rimandi, Mia Hansen-Løve compone un film altamente di classe.
D'essai fin dall'ambientazione fa conoscere uno scampolo di Paradiso che per la gioia degli abitanti potrebbe subire una nuova ondata di turismo.
Ma è un turismo di venerazione, quello che finisce per ispirare e per realizzare film così belli che non cercano di rivaleggiare con il passato, ma di capirlo, studiarlo, farlo conoscere.
L'attenzione alla scrittura fatta di confronti e di riflessioni non solo su Bergman, fa il pari all'attenzione per la messa in scena, con la natura a rendere più facile il lavoro vista la sua bellezza accecante.


E poi ci sono gli attori, e anche se gli stropicciati Tim Roth e Vicky Krieps sono credibili come coppia in crisi, la vitalità, la naturalità, la semplicità di Mia Wasikowska è quella che più buca lo schermo.
Proprio quando ci si stava per arrendere alla stanchezza dei battibecchi intellettuali di una coppia di registi, irrompe lei in scena, regista a sua volta, per una nuova storia, più appassionante e più passionale.
La lunga preparazione iniziale vale quindi il gioco, e con la sua intimità, con la sua riflessione sul cinema e soprattutto sulla creatività, il soggiorno all'isola di Bergman diventa un sogno per i cinefili tutti.

Voto: ☕☕/5

4 commenti:

  1. Piaciuto moltissimo, ben più del verboso remake di Bergman. C'è una bella pace.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. C'è della verbosità anche qui, ma c'è molto più amore per il cinema e pure per gli altri.
      Faro è salita ancora più in alto nelle mie mete future.

      Elimina
  2. Spero che questa volta vada meglio che con Scene da un matrimonio...
    La lunga preparazione iniziale mi spaventa un po', ma più noioso di quella serie non può essere. XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quando le scene di matrimonio cambiano, tutto prende nuova vita.
      No, troppo noioso non è, sorprendente sì!

      Elimina