22 marzo 2019

Girl

È già Ieri -2018-

Se Hollywood batte dove società duole, il Belgio mette sotto gli occhi quel dolore che si vorrebbe nascondere.
Un dolore del corpo, sanguinante e infetto, costretto e teso, in cambiamento. Ma anche un dolore interno, di una difficile transizione e accettazione, di un equilibrio che resta precario, sulle punte.
È la storia di Lara, nata in un corpo maschile, che finalmente può rinascere.
La terapia ormonale prima, l'operazione di riassegnamento del sesso poi.
Nel mezzo, le paure tipiche di ogni adolescente per quel corpo che cambia o non vuole cambiare, acuite dagli sguardi mai indiscreti, dalle paure e dalle ansie che quel corpo/oggetto porta con sé.



Ad aiutare Lara ci sono medici e psicologi, una scuola di danza che l'accetta nonostante un percorso prima maschile, e soprattutto un padre, che cerca sempre di capire e proteggere, di ascoltare anche in mezzo ai tanti, troppi silenzi in cui Lara grida.
Non è un film facile Girl.
È un film che fa male, prima di tutto fisicamente.
Si soffre per quegli esercizi estenuanti, per quei piedi che sanguinano, si induriscono, per quelle fasce che comprimono e irritano, per quelle piccole, dolorose insistenze di amiche curiose, e infine per quel gesto che vorrebbe essere liberatorio ma che è l'urlo che somma tutti i dolori precedenti.
Ed è un film che fa male emotivamente, che cerca di mostrare e raccontare quei dolori nascosti che finalmente, poco a poco, trovano voce.
Storie di corpi non riconosciuti e cambiamenti segreti.


C'è però da prendere atto delle proteste di critici e spettatori trans che vedono nello sguardo di Lukas Dhont un voyeurismo eccessivo. Un'attenzione predominante per quel corpo e non per i cambiamenti interni, per una rappresentazione che non tiene conto delle reti di supporto e della rete internet di per sé.
Ma come risponde Nora Monsecour, questa è davvero la sua storia, raccontata per metafore e per fatti reali, una storia che -da ballerina- non poteva che poggiare e avere al centro quel corpo, mezzo d'espressione ed estensione.
E allora, lasciando da parte le polemiche e la veridicità dei fatti, si parla di emozioni.
Si parla di un film che colpisce, retto sulle spalle di uno straordinario Victor Polster, avvolte nell'abbraccio di un padre come Arieh Worthalter, che dopo Michael Stuhlbarg in Chiamami col tuo nome e Josh Hamilton in Eight Grade, mostra ancora una volta la tenerezza, l'intelligenza, la sensibilità di quella metà della famiglia spesso esclusa da simili racconti.
In quel freddo blu che tra pareti e uniformi torna e ritorna nella fotografia, Lara, con il suo biondo caldo, i suoi caldi maglioni, si staglia. E un sorriso di speranza, nel mezzo delle sue lotte, lo fa affiorare anche a noi.

Voto: ☕☕/5


6 commenti:

  1. Che dolori di pancia quella scena verso la fine. Il resto, a sorpresa, in realtà lo avevo trovato più lieve e universale del previsto.
    La comunità LGBT che si lamenta per tutto al cinema, che abbia torto oppure ragione, ormai non ascolto più. Chi meglio di lui/lei?

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    1. Mi sono accorta di aver visto tutto il film stringendo i pugni e i denti per il dolore che provavo assieme a Lara, i suoi sforzi, la sua sofferenza. Le critiche un po' le capisco -tanta fissazione per quel corpo, una realtà in cui mancano reti di sostegno- ma se devo guardare al film in sé, come sempre è meglio fare, c'è solo da applaudire.

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  2. Quando la scienza riuscirà a scoprire la causa che fa nascere una ragazza in un corpo sbagliato il problema sarà risolto.
    Ormoni e intervento chirurgico sono palliativi, cioè rimedi che solo apparentemente risolvono il problema.

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    1. Se la scienza ne ha di strada da fare, per fortuna il cinema si sta muovendo e film come questo aiutano a parlare e cercare di capire situazioni fin troppo tabù.

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  3. Un film che tratta il tema in maniera originale, lontana dagli stereotipi e soprattutto personale. Una bella sorpresa, e la parte finale in particolare è bella tosta. Fisicamente ed emotivamente.

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    1. Quel finale dolorosissimo è stata quasi una liberazione anche per me viste le costrizioni, i pugni chiusi, durante tutta la visione.

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