15 febbraio 2022

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Mondo Serial

Accetteresti mai la richiesta di un ricco sconosciuto che ti offre una somma considerevole per fare quello che in fondo è il tuo lavoro? 
E se quel lavoro dovesse essere fatto in una villa lussuosa, sì, ma nel mezzo del nulla e senza ricezione di rete e di internet? 
Accetteresti mai la sua offerta se pochi mesi prima hai sofferto di un attacco psicotico che ha messo in allarme il tuo unico amico? 
E se con il tuo passato, fatto di una tragedia familiare di cui sei l'unico superstite, non hai fatto i conti e sembra collegato al lavoro richiesto? 


Ai soldi, alla curiosità, al mistero, difficile dir di no. 
Anche se come ogni horror insegna sarebbe la regola numero uno per cavarsela. 
Ma se stiamo per parlare di una serie horror, è ovvio che Dan accetterà il lavoro in questione, ovvero restaurare e digitalizzare il documentario che la studentessa Melody Pendras stava realizzando nel lontano 1994 riguardante uno storico palazzo di New York, andato poi in fiamme come parte del suo lavoro. 
Il palazzo in questione è il Visser, una comunità a sé nel cuore di Brooklyn, che nasconde segreti, che sembra coinvolgere una setta e uno strano culto, porta da una parte Melody a cercare di più sulla madre che lì potrebbe aver vissuto prima di abbandonarla e Dan a seguire le vicende di Melody dallo schermo, chiedendosi dov'è poi finita, cosa suo padre centrasse con tutto. 


Le due storie vanno quindi di pari passo, con i brividi dati più dalle ombre che spiano Dan, dai misteri che quella villa nel mezzo del nulla dei boschi di Catskill nasconde. 
Poco di nuovo, verrebbe da dire, tutto molto annacquato con dei ritmi che sfiorano il soporifero e la difficoltà ad ingranare dopo un inizio ingannevole e coinvolgente. 
Mettici che poi entrano in scena universi paralleli, comunicazioni tra schermi neanche fosse la più vivida chiamata in zoom e alieni, e che si fa un balzo fino al 1920 e la convinzione come la sensazione che tutto potesse essere ridotto a metà episodi, più succulenti e meno derivativi, si fa forte.


Il finale, poi, aperto con la paura che possa essere chiuso in una seconda stagione non necessaria, fa scadere un prodotto che ha dalla sua le giuste atmosfere, i giusti richiami agli anni '90 con tanto di mockumentary e pure i giusti protagonisti. 
Che la voce di Dina Shihabi è quanto mai interessante, ma è il bel Mamoudou Athie a cui si vuole più bene, lui che ringrazierò ancora per quella perla di Sorry for your loss.
Più deludente che brutto, più noioso che spaventoso, più da archiviare che da ricordare. 

Voto: ☕☕½/5

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Si dilunga troppo e a tratti annoia, però possiede anche il suo fascino e io tutto sommato, almeno in parte, lo archivierei tra le cose da ricordare. :)

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