Andiamo al Cinema
Islanda, terra di bellezza.
Di natura incontaminata.
Di paesaggi da sogno.
Di angoli mozzafiato.
E di registi strani.
Il primo film islandese che ho visto è stato Noi, Albinoi, di cui ricordo poco, se non la freddezza dei paesaggi innevati e la sensazione di aver visto uno strano, ma bellissimo, film, alla fine.
Poi, nel tentativo di avvicinarmi, di conoscere meglio una meta che è fra le più desiderate dei miei viaggi, ci sono stati L'albero del vicino, Virgin Mountain, Rams - Storia di due fratelli e otto pecore e Storie di cavalli e di uomini.
Come da titoli: una propensione per raccontare il rapporto uomini e animali che è quasi un'ossessione.
Viene facile capire perché vista la solitudine di vivere in un'isola, in case senza vicinato, con gli animali come unica compagnia.
E non sorprende, quindi, che sia stato pensato un film pazzo come Lamb.
Che si presenta come un horror, anche se horror propriamente non è.
Un thriller della natura, semmai, dove i silenzi regnano sovrani, dove ai soli tre attori in scena, si alternano un cane, un gatto, delle pecore che sono molto più bravi di, ehm, tanti altri attori.
Non di Noomi Rapace, incantevole donna in lutto, che quando assieme al marito assiste a un parto prodigioso da parte di una delle loro pecore, non ci pensa due volte, prende il nascituro e decide di allevarlo come un figlio.
Che succede, ci si domanda?
Se lo chiede anche il fratello di Ingvar, che arriva e trova una strana situazione familiare da accettare, senza poter fare opposizione, senza poter far domande, mentre la madre naturale di Ada, lei che porta come numero identificativo un versetto del Vangelo a cui si ispira anche il Gilead di The Handmaid's Tale, si dispera, cerca il figlio, si spinge oltre.
Passando di paesaggio incontaminato a scene bucoliche, Ada cresce e Lamb semina indizi e tensione, fino ad esplodere in una serata ad alto tasso alcolico, un'ultima giornata che si conclude nell'inatteso.
Cresce piano Lamb, ma pur nei suoi silenzi, nel suo dire e non dire, mostrare e non mostrare, nel suo essere così strano, prende e non molla.
Gioca con lo spettatore, gioca con i generi, diventando un piccolo film di culto, prodotto non a caso dalla A24, sempre più riconoscibile, sempre con un occhio di riguardo verso gli animali.
A metà tra il folclore (inventato) e l'horror metaforico viene da dire che sì, sono proprio pazzi questi islandesi.
Voto: ☕☕☕½/5
Sono pazzi questi islandesi. In questo caso mi sa pure troppo.
RispondiEliminaQuesto film mi preoccupa abbastanza... XD
Sono pazzi, ma sanno rendere bella e credibile pure una delle famiglie più assurde del grande schermo.
EliminaE dei film strani ;)
RispondiEliminaIo lo voglio prendere come un segno, anche il mio portafoglio capirà che è ora di spuntare una certa meta dalla lista dei desideri?