13 maggio 2022

Antiviral

È già Ieri -2012-

Tale padre, tale figlio.
La mela non può cadere lontano dall'albero.
Mi fermo qui, con le frasi fatte, con gli ovvi paragoni.
Perché se si parla di Cronenberg, che sia David, che sia Brandon, si parla di body horror, di ossessione per i corpi.
Il paragone nasce anche a me, che di Cronenberg padre non posso dirmi una fan.
Ma ora che ritorna al cinema dopo 8 anni presentando l'attesissimo Crimes of the Futur a Cannes, la pulce nell'orecchio che da tempo mi diceva di conoscere il figlio, è tornata a farsi sentire.


Si tratta di un esordio in cui l'ossessione per il corpo e per quello che i corpi ospitano è centrale.
Il metaforone è piuttosto evidente, come in un qualsiasi prodotto ambientato in un futuro distopico, si parte dal reale per renderlo ancora più esagerato.
Si parte dall'ossessione per le star, per le analisi che si fanno sulla loro vita, la loro salute, la loro dieta e i loro corpi oggi, e si immagina un futuro in cui quei corpi li si possono ricreare in pezzi di carne di cui cibarsi, in cui con quei corpi si può condividere un virus.
Un virus, una malattia, che sia un rush o un herpes, che quella star ha avuto e che ora anche il più sfegatato dei fan può provare su di sé.


Follia?
Sì, ma è in un'azienda simile -che vende sogni virali nel senso stretto del termine- che lavora Syd, ossessionato pure lui, più dai virus che dalle star, che frequenta brutti giri di mercato nero e illegale finendo per essere coinvolto in un piano più grande di lui quando il fenomeno Hannah Geist da cui preleva e si inietta un malattia, muore.
Il mondo entra in lutto, mentre Syd entra in un incubo fatto di complotti e di ossessioni di cui potrebbe diventare protagonista lui per primo.


Primi piani di punture, aghi, sangue e rash, rendono difficile la visione di un film che mantiene il suo ritmo volutamente soporifero, gli ambienti che mostra tra il bianco della malattia e il nero del sangue, con il body horror del padre che sposa per mia fortuna l'estetica asettica degli anni 2000.
In tutto questo, si muove il cereo Caleb Landry Jones, uno che ha la faccia e il fisico giusti, inquietanti e misteriosi, per essere il protagonista di un incubo.
Gli si contrappone la luminosa, splendida, Sarah Gadon, che passa pure lei di padre in figlio come icona di bellezza eterea.


Disturbato e disturbante, il film funziona come critica non troppo velata di una società dalle ossessioni malate.
Ma da qui a consigliarlo, ad amarlo, ce ne passa.
Solo per stomaci forti.
Voto: ☕☕½/5

4 commenti:

  1. Un po' macchinoso ad ingranate e ancora un po' alla ricerca di uno stile proprio, ma la mela non è caduta lontana dall'albero, un esordio che mette in chiaro il talento, anche se il film successivo è ancora migliore. Cheers

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ad avercene di esordi così, dall'idea della trama alla cura della regia. Poi sì, la patina fredda non aiuta...

      Elimina
  2. Ai tempi non mi era dispiaciuto, per quel che mi ricordo.
    Un po' troppo debitore dello stile del padre però per riuscire a distinguersi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il padre non sono mai riuscita ad approfondirlo troppo, e qui ritrovo gli stessi problemi a digerire visioni difficili. Ma il talento c'è, la curiosità per il futuro resta.

      Elimina