23 settembre 2025

The Pitt

Mondo Serial

15 episodi.
15 ore dentro il pronto soccorso di Pittsburg.
Un solo turno di un giorno qualunque in cui seguire le emergenze, le crisi, gli arrivi e le partenze di quel pronto soccorso.
Anche se in realtà, non è un giorno come gli altri.
È un anniversario che non è facile da gestire e che riporta alla mente altre ore di turni, altri giorni complicati nel pieno dell'emergenza COVID.
Ed è il giorno in cui tre nuovi internisti iniziano il loro praticantato.
Un format che ricorda da vicino 24, anche se qui non c'è un rapimento da risolvere, una crisi politica da gestire, ci sono vite, ci sono lutti, ci sono nascite e morti, con le ore che passano e te ne ricordi quando all'ottava ora di un turno puoi finalmente andare al bagno, quando alla dodicesima tutto collassa e ti ritrovi a gestire un altro tipo di emergenza, quando dei genitori occupano una stanza e non sanno dire addio al figlio, ma sono passate solo 4 ore dalla sua morte cerebrale.


Te lo ricorda il Dottor Robby, a capo del Pitt, pronto soccorso che deve vedersela anche con un calo del personale, con un calo del budget, con pazienti indispettiti dalle lunghe attese, con infermiere che minacciano uno sciopero. Robby che deve seguire nuovi giovani internisti, che ci fanno conoscere il Pitt e le sue peculiarità, mentre si dimostrano fin troppo sicuri di sé, fin troppo insicuri e umani, fin troppo meticolosi con il rischio di non saperle gestire le emergenze o le necessità dei pazienti.
Una storia che ricorda tra i tanti medical drama che si trasformano in soap opera, il più recente e realistico This is gonna hurt (e sì, fa ancora male averlo visto), ma che ovviamente non può che riportare ai tempi di E.R. Non poteva essere altrimenti nel ritrovare Noah Wyle con il camice e i modi umani e stropicciati, affascinanti e malinconici anche se non è più il Dottor Carter di cui ero innamorata, ora è il Dottor Robby di cui innamorarsi.
Al suo fianco, la pragmatica Dana, capo infermiera e madre chioccia dell'intero Pitt, a gestire non solo le stanze e la loro turnazione, ma anche l'emotività dei suoi medici, Robby compreso, in un giorno in cui il rischio del crollo è vicino.


15 ore e 15 episodi, un turno.
Ed era da tanto che non mi ritrovavo a vedere una serie TV tutta d'un fiato, a volerne ancora, a lasciare da parte il telefono, a veder passare in un soffio quell'ora da quanto tesa, emotiva, fulminante è quell'ora, in cui si nasce e si muore, in cui ci si scontra e si chiede scusa, in cui si entra a far parte di questa famiglia disfunzionale che deve trovare la sua quadra.
Ovvio che si tifa per il novellino Whitaker che condivide troppo e che in 15 ore cambia almeno 14 camici, ovvio che si guarda con sospetto Santos, che vuole emergere, sicura di sé, ovvio che ci si affeziona a Mel, ai suoi modi diretti e senza filtri e al rispetto con cui Langdon la tratta. Ovvio che si sorride al fianco di infermiere che spettegolano, che ci si incuriosisce per il passato di McKay e Collins, che ci si prende una cotta assieme alla raccomandata con riluttanza Javira per Mateo.
In 15 ore, in 15 episodi, si sta dentro il Pitt, non si respira, poco si vede di quella Pittsburg che brulica di incidenti, di inseguimenti, di feriti più o meno gravi che arrivano lì, superando chi è in attesa, aggiungendosi a chi è in attesa.
Lo sforzo per tenere tutto assieme non è solo a livello di sceneggiatura (fitta di casi drammatici e buffi, a dare un sollievo leggero qua e là), ma anche a livello tecnico in cui muoversi di corridoio in stanza, di personaggio in personaggio, in un ritmo che non cala se non quando ci è concesso di respirare. 
O di crollare.
Arrivando a un finale perfetto, che chiude il cerchio e la giornata, e che lascia aperta la porta a una nuova stagione imminente.


La serie ha giustamente vinto l'Emmy nella categoria drama, oltre a consegnare finalmente nelle mani del Dottor Carter, pardon, Robby, pardon Noah Wyle la statuetta come miglior attore. Lui che regge le 15 ore e i 15 episodi sulle sue spalle, che la serie l'ha creata e scritta assieme ai compagni di E.R. R. Scott Gemmill e John Wells, che rende tangibile l'emergenza della sanità pubblica che colpisce anche noi, anche l'Europa in una serie drammatica sì, ma realistica e politica. Soprattutto in un Paese in cui la sanità non sembra una priorità come sono gli Stati Uniti.
Avevo 12 anni quando seguivo le operazioni, le emergenze e gli amori tra i corridoi del County General Hospital della contea di Cook, ora mi ritrovo di nuovo a chiudere gli occhi davanti al sangue, a piangere davanti il dolore, a sussultare per le emergenze, a emozionarmi e entusiasmarmi nel seguire le operazioni, le emergenze e gli amori tra i corridoi del Pittsburgh Trauma Medical Center.
Non sapevo di averne così bisogno.

Voto: ☕☕☕☕/5

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