A domanda rispondo: se il mondo fosse in fiamme di certo non perderei 2 ore della mia vita con un film così.
Spiace dirlo, soprattutto di fronte a temi importanti e scottanti, di fronte a un bianco e nero -sic- poetico e un taglio della regia di quelli notevoli, ma il film di Roberto Minervini è l'ennesimo della Mostra ad essere fatto di un fiume in piena di parole.
Discorsoni su discorsoni, proteste e sbotti, in un quartiere che è in realtà un ghetto degli Stati Uniti del sud, dove i neri ancora muoiono per mano del KKK, dove i morti sono all'ordine del giorno.
Cosa fare in questo mondo?
Cercare di andare avanti, di provare nuove strade, come fa una barista tosta e di cuore.
Insegnare ai propri figli i giusti valori, di rispetto e di sicurezza.
Insegnare ad un fratello più piccolo a difendersi e a trovare coraggio.
Riempire quelle strade che fanno paura di luci e di canti, protestare, poi, in nome della giustizia, con addosso una divisa.
Questo si fa, questo Minervini ci mostra, osservatore della gente comune, dei resistenti e delle loro drammatiche storie.
E sì, sono realtà che vanno raccontate, che non dovrebbero nemmeno esistere oggi, nel 2018, e sì, come detto quel bianco e nero rende tutto più suggestivo.
Ma la stanchezza bussa presto in parole che riempiono e stordiscono, in messaggi che si perdono in mezzo ad un fiume in piena che diventa ingestibile.
E allora, alle fiamme si preferisce la pioggia che batte in continuazione sul Lido.
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