Dopo una riposante Domenica senza scrivere, si torna a leggere.
E come ogni anno, mi trovo ad avere un appuntamento con Chiara Gamberale, capace -sempre, finora- di parlare schietto e diretto anche a me.
Questa volta la ritrovo in coppia, con un romanzo epistolare scritto a quattro mani con Massimo Gramellini.
Ora, io inizialmente apprezzavo Gramellini, ospite di Fabio Fazio, giornalista capace di scrivere e raccontare l'oggi con semplicità.
Poi, sia Fabio Fazio che Gramellini, sono scesi sempre più nella fabiofaziosità, nel buonismo, in quei toni melensi che no, non fanno per me. Una certa retorica qualunquista, un certo modo di approcciare e comunicare le notizie, che anche quando dal lato giusto hanno finito per irritarmi.
Ma ai regali non si dice di no, li si apre e le si legge, scoprendo però che ogni timore era fondato.
Chiara è Gioconda, detta Giò, tornata sola da poco, dopo un un matrimonio burrascoso di cui è responsabile per la fine. Giò è il classico personaggio della Gamberale, piuttosto scombussolato, piuttosto sbadato, piuttosto alla mano. Egoriferito, ovviamente.
Tornata a vivere nella casa dei nonni, scopre che quell'angelo a cui credeva da bambina esiste, e risponde alle sue lettere, fatte di lamentele e piagnistei tipici delle donne single.
Gramellini è quell'angelo, che la osserva dall'alto, pronto a giudicarla e a dispensare consigli spesso usciti da un bacio perugina o dal manuale new age di turno.
Se Giò fatica a dimenticare quel marito e a ributtarsi nella vita, c'è spazio anche per un microcosmo fin troppo macchiettistico che le ruota attorno, fatto di amanti felici e felicemente sposati a loro volta, madri eccessive, padri studiosi e assenti, studenti sfaticati e ricordi di nonni innamorati con cui si fatica a rapportarsi.
Restano fuori, invece, i lati migliori di questi protagonisti, il ruolo di insegnante che non viene approfondito e passa in secondo piano, i ricordi più tangibili di quel matrimonio ora arrivato al capolinea.
Tra un viaggio improvviso -ditemi come si fa!- all'Isola di Pasqua, un ritiro dal solito guru toscano che ritorna da altri romanzi della Gamberale, ne esce una conversazione a due che sfianca.
Sfianca la voce melliflua di Gramellini, i suoi termini ricercati, i suoi consigli da Lettere del Cuore, tra aforismi che fan cascare le braccia e metafore finte, il suo parlare a una donna -a donne- di certo distanti da me.
Sfianca la direzione che entrambi gli scrittori si sforzano di tracciare, con frecciatine e riferimenti lanciati per poter proseguire in questa direzione la conversazione.
Pur breve, mi sono ritrovata a leggere fra le righe le parti di quell'angelo impiccione.
Pur veloci, mi sono ritrovata ad apprezzare le parti di quella Giò che sembra troppo un cliché per essere vera.
Pur intuibile, mi sono lasciata guidare ad un finale telefonatissimo, che non suscita emozioni né incanti.
Restano così parole che fin dal titolo si fanno troppo universali, troppo distanti e scontate per arrivare davvero al cuore. Almeno al mio.
Concordo pienamente.
RispondiEliminaCosì stucchevole che, a fine lettura, credo di averlo venduto si Ebay!
Anche se un libro è un No pieno, non riesco a venderlo. Questo ho faticato a finirlo, con le parti di Gramellini lette saltando qua e là fra le righe, così scontato da sapere già cosa scriveva.
EliminaPreferisco spendere un po' di più e bevo un Barbaresco invece che leggere idiozie.
RispondiEliminaHai perfettamente ragione! Per fortuna questo libro era un regalo, posso berci su senza problemi ;)
EliminaPure io nei confronti di Gramellini provo sentimenti contrastanti. In passato avevo letto alcune sue cose valide, poi però ne ho lette anche altre decisamente più discutibili. La sua fabiofaziosità inoltre è diventata sempre più insostenibile.
RispondiEliminaMi spiace per la povera Gamberale, che è stata costretta a reggerlo, ma mi sa che passo...
Fai bene, della Gamberale c'è sicuramente di meglio, di Gramellini... mah, ormai trovo fabiofazioso ogni cosa che dice/scrive.
Elimina