14 gennaio 2019

Il Lunedì Leggo - Gli Indifferenti di Alberto Moravia

Quando leggo un libro alto c'è sempre di che avere paura.
Paura di non essere all'altezza, di non trovarlo all'altezza rispetto a chi lo giudica così alto, paura di scriverne, ritrovandosi incapaci per molti a capirne davvero il significato, l'aspetto più profondo.
Ma un libro per quel che mi riguarda non dovrebbe mai fare paura.
Non dovrebbe mai tagliare fuori il lettore e la sua passione, la sua curiosità soprattutto. E non dovrebbe nemmeno essere sezionato, analizzato, decodificato se non lo si vuole. Certi significati, certi aspetti, meglio lasciarli ai banchi di scuola, a luoghi più alti di questo blog.
Qui, posso decidere di avvicinarmi dalla mia bassezza a un libro importante, posso decidere di leggerlo con passione, cercando di conoscere finalmente un autore come Moravia.



E posso trovarci una storia triste, una famiglia infelice come poche, che si vende e si svende, si fa insopportabile.
Posso vedere in quella madre viziata e decaduta, una civettuola cieca che in fondo si merita il suo destino.
In Carla, figlia devota ma già corrotta e corruttibile, un'anima che si sacrifica alle dicerie di tutti, a un destino che la madre ha tracciato per lei.
In Lisa un'anima romantica, che non cede alla realtà, che non vede i rattoppi dei suoi vestiti, il liso dei suoi divani e non smette di sperare.
Poi vedo lui, Leo Merumeci, che corrompe e sporca, che si approfitta e che insudicia con la sua fantasia, le sue mani, il suo denaro, la sua sola presenza.
E in Michele l'unica vittima, una vittima che non sa decidersi, non sa agire, non sa rischiare o urlare. Ci prova, più volte, e quasi ce la fa ad andare contro la sua natura debole, il suo orgoglio ferito. Ma l'indifferenza resta spietata.
La famiglia Ardengo vive in un tempo imprecisato, in cui la borghesia sembra agli sgoccioli, gli arricchiti la fanno da padrone, in uno spaccato d'Italia che annuncia altre leggi, altri despoti facili da accettare come la propria infelicità.
Così, si assiste a questa caduta che non sembra avere appigli, a una ragazza che in pochi giorni viene sedotta e si sente già abbandonata, una madre che non vuole vedere e vive di illusioni, un'amante che resta invischiata e infine un giovane che triste, che lascia correre.
Meglio restare indifferenti, ci si dice, meglio non cercare di arginare una marea così alta. Anche se il futuro che tutti aspetta è così nero.
Teatrale nella sua divisione delle scene, con la narrazione che cambia volta per volta protagonista. Realista nella descrizione di ambienti che si vorrebbero ricchi ma sono poveri e decaduti come i protagonisti, il quadro è di quelli uggiosi.
Malinconico, grigio e freddo, questo Moravia lo credevo diverso. Letto a scatola chiusa, senza sapere a cosa andavo incontro, ha saputo graffiare, ha saputo far male con quell'indifferenza che si fa arma, che svuota volontà.

4 commenti:

  1. Risposte
    1. Pur se tanto malinconico e a suo modo deprimente, è piaciuto anche a me.

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  2. Sempre complimenti al coraggio con cui ti approcci alle letture. Sono tra quelli, purtroppo, che si lascia intimorire facilmente. Questa volta, però, spero di fare eccezione. Ho il romanzo già a casa perché fino all'ultimo è stato materiale di tesi, ma preso da altro alla fine ho cambiato idea. :)

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    1. Il timore ce l'ho anch'io, ci sono titoli che stanno lì, da anni nelle mensole. Qui in realtà pur nel freddo e nel grigio, si scorre spediti, e lo schema teatrale fa decisamente al caso tuo.

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