Dopo qualche settimana di pausa forzata causa blocco del lettore, si torna a parlare di libri, con un incipit niente male.
Un diario, lasciato in eredità dalla madre di quella ex che era stato un tomento negli anni dell'università. Una madre vista per appena un fine settimana imbarazzante, che aveva segnato la fine di quell'acerba relazione.
Un diario che è quello di un migliore amico intelligente come pochi altri, che proprio negli anni dell'università si è suicidato.
A rendere il tutto ancora più strano, il fatto che quell'eredità arrivi a Tony dopo 40 anni, o meglio, gli venga notificata ma mai consegnata.
Inizia così una lunga passeggiata nel viale dei ricordi, un modo per Tony di riallacciare i fili verso un passato di cui porta ancora le cicatrici, che sembra molto più segnante, importante, di una vita grigia e misera passata a lavorare, sposarsi, divorziare, mantenendo un buon rapporto con l'ex moglie, meno con una figlia a cui non si è mai sentito troppo vicino.
Sono gli anni in cui Adrian c'è stato, quelli che ricorda e quelli che racconta.
Un ragazzo introspettivo, intelligente, capace di sfidare professori, di mettere tutto sul piano della filosofia e quindi di diventare il centro del gruppo di amici ai tempi del liceo.
Con l'università, gli equilibri cambiano, entra pure una ragazza, quella ex che nonostante mesi di frequentazione, a Tony non si concede: ed è questo che ancora lo tormenta, che lo fa sentire sminuito da un'aurea che passa ancora attraverso e-mail monosillabiche.
Quel diario, quell'eredità, diventa un oggetto del desiderio e un motore per ricordare, sì ma anche agire.
Per fare i conti con azioni e parole che si erano rimosse.
Ed è in questo che il breve romanzo di Julian Barnes dà il suo meglio, nel mostrare come anche i ricordi più nitidi sono falsati, come certe lettere inopportune possono essere rimosse, come certi gesti, certe situazioni, semplicemente mal interpretate.
E quello che si pensava di essere, la maschera indossata per anni, non può che cadere.
È una lunga riflessione sul tempo, sul senso di una fine, quella che ne esce.
Portata avanti da un protagonista che mette tristezza, in cui pur non volendolo, si immagina bene il Jim Broadbent che lo interpreta in un adattamento del 2017 non così famoso, per mia fortuna, da fare da paragone.
Anche se il mistero di quel diario, della scelta di Adrian sono il centro, sono le riflessioni, le scelte, le azioni che Tony finalmente decide di intraprendere a coinvolgere davvero.
La risoluzione del mistero, piuttosto deludente, ne è la prova, pur non togliendo forza alle emozioni rappresentate, alle riflessioni sulla soggettività dei ricordi che finiscono per mettere ogni cosa in discussione.
Anche su di sé.
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