3 settembre 2019

Venezia 76 - Giants Being Lonely | Revenir

In breve, due storie di giovani raccontate da giovani.

Giants Being Lonely
Dai una macchina da presa in mano ad un giovane hipster americano, convincilo di essere bravo, e avrai un film fastidioso come Giants Being Lonely.
L‘idea di partenza non è nemmeno malvagia, raccontando di due diversi giocatori di baseball, agli antipodi: il campione fuoriclasse della squadra, ma senza famiglia, senza mezzi, e la schiappa patentata, figlio però dell’allenatore. Aggiungi random un po’ di cliché, come che quell’allenatore è un despota, è un padre-padrone che non disdegna violenze su quel figlio e sulla madre. Metti che l’altro è un rubacuori, che fa innamorare di sé pure quella madre sottomessa e ovviamente la bella della scuola, che per farlo ingelosire accetta le avance della schiappa. Non mancano quindi le scene di sesso gratuite, le partite che si vorrebbero esaltanti ma che fanno intuire i pochi mezzi a disposizione, la musica romantica (a sorpresa la Ti Amo di Tozzi) e il prom finale.



Tutto è però infarcito di quell’essere volutamente artistoide che prima che il film parta e si capisca ci vogliono almeno 30 minuti di scene ben fotografate ma montate decisamente alla cazzo di cane, per citare René.
Non aiuta poi la scelta di attori così simili da venir confusi a più riprese durante la visione.
La sensazione è davvero quella di un continuo: “guarda come sono bravo”, ma la verità è che potrai anche avere dalla tua un ottimo tecnico della fotografia, ma se non hai la storia e i tuoi dialoghi sono imbarazzanti (“Hai sentito la pioggia stamattina? Sì, e tu? Sì”) un gigante non lo sarai mai.

Revenir


Qui invece la storia c’è.
Peccato sia sempre la stessa: quella di un figliol prodigo che torna al capezzale di una madre morente, destinato a fare i conti con la perdita di un fratello e appianare i rancori con il padre di poche parole.
Di mezzo, una cognata e il suo iperattivo figlio.
Come andrà a finire è chiaro fin dall’inizio, non serve nemmeno scommetterci, ma per fortuna Revenir vive della forza delle immagini, immerse nella campagna francese e di attori, accaldati, sudati, sinceri. Anche se c’è da dire che Adèle Exarchopoulos e Niels Schneider sono messi nell’ombra da un bambino esordiente e bravissimo.
Niente di nuovo sotto il sole della Francia verrebbe da dire, con i 5 giorni descritti che si fanno percepire come più lunghi del necessario. Ma il livello, resta intenso.

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