1 settembre 2019

Venezia 76 - Madre

I primi 15 minuti sono di un’intensità difficile da descrivere.
Sono anche un cortometraggio che ora, 2 anni dopo la sua uscita, il regista Rodrigo Sorogoyen ha deciso di proseguire, andando a mostrarci che è successo a quella madre che in un pomeriggio come tanti riceve una chiamata dal figlio, in viaggio con papà, rimasto solo in spiaggia, disperato e forse approcciato da un pedofilo.
Scappa, gli urla lei.
Ma a scappare è lei.



Dalla Spagna, ma non dal suo passato. Andando a sopravvivere -perché non è vita la sua- in quella spiaggia in cui il figlio è scomparso nel nulla.
Fa la cameriera, viene chiamata pazza da chi lì ci abita, e forse sta imparando ad andare avanti, grazie a un uomo paziente che l’ha convinta a trasferirsi lontano dal mare e da quei ricordi.
Ma, all'improvviso, Elena vede Jean.
Così simile al suo Ivan, e lo segue, ne diventa amica, di quell’amicizia pericolosa che può esserci fra un 16enne e una 39enne ancora bellissima e desiderabile. Il pericoloso rapporto avanza e si fa intenso, lei perde il controllo, incapace di affrontare l’ex e la nuova vita, di accettare una scomparsa.
E Jean?
Chi è davvero Jean, con la sua famiglia apparentemente perfetta di Parigi?
Mentre la bellezza di Marta Nieto illumina la scena, la costa francese fa il resto come incantevole e malinconico sfondo.
Senza dubbio tra i titoli minori da tenere d’occhio, pur allungandosi qua e là, Madre coinvolge e appassiona come e più di quel primo cortometraggio, lasciando dubbi, seminando indizi o false piste che a fine visione a fatica ci si scrolla di dosso.

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