4 settembre 2019

Venezia 76 - Guest of Honour | About Endlessness | The Painted Bird | No 7 Cherry Lane

Il tempo stringe e allora facciamo una carrellata dei film visti in questi due giorni. Non tutto funziona, ma tra vecchi leoni e animazione originale, a sorpresa spicca un uccello dipinto che sa far male.

Guest of Honour
Atom Egoyan torna al Lido. E torna con una specie di indagine a favore di camera dopo il dimenticato/dimenticabile Remember.
Questa volta i protagonisti sono un ispettore sanitario ligio nel suo lavoro, e la figlia, chiamata ad organizzargli il funerale e a ripercorrere così il loro complicato rapporto. Perché lei, insegnante di musica, è stata in carcere, perché lui nel mentre, non ha smesso di cercare di capire il suo punirsi e a prendersi cura del suo coniglio.
C'è un trauma passato che tutto dovrebbe spiegare, e che poco a poco emerge.



La verità, però, è che sia la trama sia gli aspetti tecnici di Guest of Honour sono al livello di un film per la TV. Non è solo questione di luci e attori, né di confusione nell'inserire nuovi elementi e nuovi personaggi all'improvviso, è proprio la cura totale del film a mancare. E' sbagliato il casting (un giovane prete che difficilmente poteva essere in servizio 16 anni prima, quel padre stesso che non ringiovanisce né invecchia) e sono sbagliati i tempi.
Trovarlo in concorso è quindi un mistero, visto che spazio per il pathos non ce n'è, non di certo in quel finale riconciliante e ulteriormente impreciso.

About Endlessness


A proposito di ritorni, rieccolo qui Roy Andersson, vincitore qualche edizione fa con il suo Piccione del Leone d'oro.
Torna ed è sempre lui: con i suoi tableaux vivant, il suo umorismo caustico, i suoi colori grigio/pastello.
Questa volta indaga sull'infinito, mostrandoci preti senza più fede, camerieri sbadati, mariti violenti. Vede tutto una narratrice esterna, che quell'infinito forse cerca di spiegare, o semplicemente farci assistere.
Trovare un senso non è cosa quando si parla di Andersson, ci si deve lasciar andare, a quelle linee geometriche perfette, a quella cura dei dettagli, a quella vita che scorre e si incaglia in dialogi illumina(n)ti nonostante la macchina da presa fissa.

The Painted Bird


Senza ombra di dubbio la visione più sofferta di questa Mostra.
Non tanto per la sua durata fiume (169 minuti) quanto per quello che in queste quasi tre ore succede.
Sinteticamente, assistiamo alla grande fuga e ai continui tentativi di sopravvivere di un bambino ebreo durante la II Guerra Mondiale, affidato dai genitori a una vecchia zia in campagna che però lo lascia presto solo. Ma basta il primo minuto a capire che per questo bambino senza nome non sarà facile.
La sua fuga passa di nome in nome, di famiglia in famiglia, in cui però ogni violenza ogni sopruso è possibile. Assistiamo inermi ad animali bruciati vivi, occhi estirpati, stupri e uccisioni. Con lo sguardo che si spegne, la paura che incombe e la sensazione che non potrà mai andare bene. Con quella violenza che per forza di cose finisce per insinuarsi anche nell'animo di un bambino capace di piangere anche un singolo, dipinto, uccellino. Entrambi diversi, entrambi per questo segnati.
Il bianco e nero che Vaclav Marhoul sceglie aiuta a rendere più poetico il film, con una fotografia strepitosa e un giovane protagonista che con i suoi occhi neri strega e buca lo schermo.
Il suo percorso, dolorosissimo, ha per fortuna un finale di speranza, in cui ai nomi che si sono alternati nei vari capitoli, trova posto finalmente il suo.

No 7 Cherry Lane


Sì, l'animazione è in concorso a Venezia.
Un'animazione diversa, proveniente da Hong Kong in cui il tempo sembra rallentato.
Gesti in rallenti, dialoghi rarefatti, dissolvenze e una storia semplice (un giovane universitario si divide tra la sua bellissima allieva e l'acculturata madre) che in realtà è una scusa per ragionare e mostrare la cultura europea e la rivoluzione che avanza. Con citazioni infinite che vanno da Alla ricerca del tempo perduto ai film di Madame Simone, anche quella lentezza diventa in realtà pretesto di eleganza, di prendere quel tempo perduto e costruirci un omaggio o un elogio.
Il problema è che involontariamente questa eleganza finisce quasi per essere comica, con sogni erotici e personaggi secondari assurdi a rubare la scena.
Il senso arriva a fatica, bisogna ammetterlo, e questo procedere piano, piano, piano fa quasi rima con pesantezza.

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