13 dicembre 2023

La Chimera

Andiamo al Cinema

Il cinema di Alice Rohrwacher potrei definirlo come il cinema di Emma Dante, ma con qualche differenza.
Il sapore di quei film italiani di nicchia, da Festival, apparentemente pesanti, ma poi difficili da scrollarsi di dosso.
Sì, ma con una leggerezza, nella messa in scena più che nei temi, che non ti aspetti e che ti sorprende.
Una dolcezza, più che una respingenza, nei mondi che crea e che ti avvolge con la sua umanità.
Forse è per questo che il suo cinema funziona molto all'estero, a Cannes come in America. Per quella narrazione che ha il sapore di un tempo, del cinema italiano di una volta che all'estero conoscono quasi più degli italiani.


La Chimera è diventato il nuovo caso nei cinema italiani.
Uscito in sordina, nonostante la presenza a Cannes, nonostante l'incoronazione da parte di Indiewire e del National Board of Review fra i migliori film dell'anno, la distribuzione lo ha relegato a poche sale.
Nessuna, per dire, vicino a me.
Naturale, veniva da dire, è un film di nicchia, una regista di nicchia, che si scontra nei multisala con Napoleon e Hunger Games
Ma Rohrwacher non c'è stata, il pubblico che la cerca non c'è stato, e assieme al protagonista Josh O'Connor gira e pubblica un video in cui invita a fare rumore, a chiedere La Chimera, a scrivere a sale e teatri di programmarlo.
E il miracolo accade.
I numeri delle proiezioni aumentano, la notizia fa il giro, il pubblico risponde.
Anche il mio multisala cede, per dire, lo programma solo nella fascia delle 17, ma con la sala piena.


Fare rumore, si diceva, per un film fatto di sguardi.
Di dettagli, ancora.
Di passati che devono riemergere dalla terra e per una terra che va scandagliata. Perché straniera. Perché ricca di tesori dimenticati.
È una storia di tombaroli, di archeologi tutt'altro che avventurosi, esperti o protettivi, che girano fra le loro terre povere alla ricerca di ricchezze. Quelle con cui gli etruschi si sono sepolti, corredi e gioielli, statue e protezioni che loro tolgono a queste anime.
Sono gente qualunque, che in paese tutti conoscono ma che i carabinieri non possono fermare. Non in mancanza di prove. Lavorano per uno Spartaco dal volto misterioso e si affidano soprattutto a uno straniero. A un inglese alto e affascinante, silenzioso e dimesso, che come un rabdomante sente dove scavare.
Ha il cuore spezzato, una baracca per casa, una famiglia adottiva in rovina, una nuova amante che non lo capisce. O forse sì.
Sono i suoi sguardi, i suoi silenzi e le poche parole che esprime a portare umanità e bellezza in un mondo fatto di baraccopoli e stracci, sagre di paese e mari inquinati.
Ma qui, Rohrwacher trova bellezza, la trova in dipinti che fanno i titoli di testa, in volti particolari, in una villa diroccata che cade a pezzi attorno alla splendida Isabella Rossellini, in una stazione abbandonata che non è di nessuno ma è di tutti.


Dopo Le Meraviglie, dopo Lazzaro Felice, chiude la sua trilogia con un film più immediato, che sorprende e che si affida a un protagonista pieno di fascino che dopo il successo di The Crown ha portato sicuramente più luce a un progetto che, tenero e feroce, la meritava.
Perché è una storia diversa, negli anni '80 non così diversi da oggi con il poco rispetto per le cose comuni, la fame di soldi facili. Perché è un film dal respiro personale, con piccoli dettagli tra sguardi in macchina e canzoni speciali, a dare colore e sorprendere.
Il finale, fra i più belli di quest'anno e non solo, è l'affondo che porta La chimera a meritare il clamore che la circonda, a incantare come fosse una storia che andava tolta dalla sua polvere, dalla sua terra.

Trailer
Voto: ☕/5

2 commenti:

  1. Bellissimo, con una scena finale memorabile. Grandi le sorelle R.

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    1. Ogni volta mi dimentico di quanto mi piace il cinema di Alice Rohrwacher, e ogni volta è una bellissima sorpresa. Finale fra i più belli degli ultimi anni.

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