5 settembre 2017

Venezia 74 - The Third Murder

Puntuale come ogni anno, arriva il momento per affrontare quel cinema orientale cosi distante da me, per i suoi tempi, il suo linguaggio.
Puntuale come sempre, con tutta la buona volontà del caso e i tentativi di entrare in quella mentalità distante da noi, la delusione prende il sopravvento.
E pensare che la storia di per sé ha un sapore universale: un'indagine su un omicidio, il cui colpevole si é già costituito e ha già confessato, il suo avvocato che non gli crede, che ricerca la verità per scagionarlo.
Quella verità, però, sarà davvero difficile da scovare, tra piccole e grandi bugie dette, particolari rivelatori da leggere fra le righe e tante, troppe versioni che si fanno avanti.
Cos'è successo davvero quella notte, in quel gretto del fiume?



La morale, i compromessi, gli interventi esterni la fanno da padrone, mentre si annaspa alla ricerca di una fine che possa soddisfare.
E quando la fine corrisponde a una parola difficile da interpretare, mal tradotta forse dai sottotitolisti o chissà, i dubbi persistono.
Persiste una certa ritrosia verso  tempi che si dilungano, verso una morale e un'opinione di sé che prevale rispetto alla realtà dei fatti, e come quell'avvocato, si cerca di capire, di capirlo Misumi e il suo immolarsi.
La storia si muove tra uffici e tribunali, prigioni e case dove trovare testimoni, sogni che si confondono con il reale. Il tutto, raccontato con grazia ma anche con secchezza, addolcendolo solo dalla musica lieve composta da Ludovico Einaudi.
Il mio rapporto con il cinema orientale non migliora di certo grazie a Kore-eda Hirokazu, ma non demordo, o perlomeno, ancora non posso arrendermi.

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