8 settembre 2022

Venezia 79 - Saint Omer | En los margenes | Luxembourg, Luxembourg

Saint Omer

Come lo spieghi il delitto peggiore di tutti, l'infanticidio? 
Come cerchi di capirlo? 
Rama, documentarista, decide di andare al processo di una donna emigrata da Dakar, che la figlia l'ha tenuta nascosta al mondo per 15 mesi, per poi affogarla. 
Una moderna Medea, con radici che affondano nella cultura africana di malocchi e visioni, che educata e acculturata è la prima a voler capire i motivi del suo gesto. 


Alice Diop, documentarista, alla sua prima esperienza con la finzione, porta parte del suo mondo, mettendosi in ascolto e non facendoci perdere un minuto del processo, delle parole dei testimoni e dell'accusata, la cui storia viene ricostruita a favore di giudici. 
Il nostro sguardo aderisce a quello di Rama, che incinta, con un rapporto difficile con la madre che affiora, è l'unica concessione che si respira fuori dall'aula di tribunale. 
Dai ritmi volutamente lenti e rarefatti, il film si impone per il suo tema e per il rigore con cui viene trattato, richiedendo pazienza e attenzione, per una sceneggiatura calibrata e dall'arringa conclusiva poetica che si fa indimenticabile. 

En Los Margenes

Lo capiamo fin dal titolo: siamo ai margini della società. 
Margini in cui la povertà, i servizi sociali, gli sfratti, sono all'ordine del giorno. 
A cercare di metterci una pezza un avvocato dal cuore grande che aiuta tutti tranne la famiglia, dimenticando gli impegni che da futuro padre gli sono richiesti, e quelli che da patrigno dovrebbe soddisfare. 


In quella che è una giornata qualunque delle sue, corre e grida, si arrabbia e impreca, portandosi dietro un figliastro che di malavoglia lo segue, facendo finalmente luce sui suoi impegni, sul suo impegno. 
Una giornata in cui la loro strada, e i loro incontri, si incrociano con quelli di una madre che rischia lo sfratto, di un lavoratore che con la madre non vuole parlare, mentre tutti cercano la madre di una figlia che rischia di esserle portata via. 
Siamo in quelle famiglie che a fatica arrivano a fine mese, che per mantenere i figli, lavorano fino allo sfinimento, accettando di tutto. Mentre le banche si arricchiscono e vengono scusate per i loro errori, le case vengono riprese dallo Stato. 
È quindi un film sociale e socialista, di quelli tecnicamente semplici ma di contenuto importante, di cui c'è sempre bisogno nonostante l'ansia, la rabbia, che fanno provare. 
Penelope Cruz dà voce a questo film corale, lo illumina con il suo nome, dimostrando ancora una volta quanto è brava. 

Luxembourg, Luxembourg

Dall'Ucraina, con leggerezza. 
Mettiamo da parte, almeno al cinema, la  guerra e i suoi orrori, e conosciamo due gemelli diversi. 
Uno scapestrato, piccolo criminale, che si accontenta di poco per stare bene, per arrabbiarsi con il mondo. 
Un ligio poliziotto, vessato da suocero e moglie che per lui volevano una carriera brillante. 
Così diversi, così poco uniti, devono affrontare la notizia dell'imminente morte del padre, ricoverato in terapia intensiva in Lussemburgo dove, da ex criminale, sembra essersi rifugiato. 
L'occasione per conoscerlo, finalmente, per riavvicinarsi. 
Ma prima di partire, ci sono documenti da ottenere, denunce da evitare e perdoni da chiedere in situazioni surreali in cui i due non sembrano all'altezza. Anche fisicamente. 


Raccontato da una scanzonata voce esterna, questo racconto pieno di ironia sorprende e coinvolge, lasciando spazio al viaggio on the road solo nel terzo atto. 
Prima, c'è tutto il tempo per scoprire due protagonisti perfetti, e le loro strane vite, in realtà autobiografia di un regista e di quel padre pieno di mistero.
Il finale resta allora da scrivere, e va bene così. 

Nessun commento:

Posta un commento