3 febbraio 2024

Rustin

Andiamo al Cinema su Netflix

Puntuale ogni anno, arriva il film politico agli Oscar.
Che è un film storico, anche.
In costume, pure, e si può andare molto indietro, o nemmeno troppo nella Storia Americana.
Un film fatto di maniera, di ricostruzione, di grandi discorsi e di grandi mosse.
Sono film che non smetteranno mai di essere realizzati perché agli americani piacerà sempre parlare di sé.
E sono film che negli ultimi anni hanno giustamente iniziato a raccontare quei personaggi, quei fatti, che raccontano figure nascoste o figure importanti per i neri d'America.
Qual é il problema, se un problema può esserci nella realizzazione di questi film?
Che sembrano tutti uguali.
Che anche se la Storia è quella e mica la si può cambiare, sembrano scritti con lo stampino per far indignare, per emozionare, per far salire un moto di orgoglio e pure di protesta.
Una sceneggiatura precisissima in questo.
Sempre.
Ogni anno.


Così è anche per Rustin, film per cui Colman Domingo è stato nominato come miglior attore.
Non ce l'ha fatta invece Lenny Kravitz con la sua Road to Freedom che nei titoli di coda poco emoziona, in realtà.
Ma qual è l'altra nota degna di nota di Rustin?
L'essere prodotto da Barack e Michelle Obama per Netflix, parte del loro pacchetto, che non può che essere indirizzato a progetti importanti e votati alla Storia americana, in particolare a quella nera.
E quindi?
Quindi conosciamo Bayard Rustin, attivista degli anni '50-'60, collaboratore di Martin Luther King, dall'animo scalderino, dai modi eccessivi, dalle idee brillanti che però all'interno delle varie organizzazioni di questa minoranza, è ancora più in minoranza in quanto gay.
Per evitare uno scandalo che lo vuole amante proprio di MLK, darà le sue dimissioni sperando che queste non vengano accettate, ma siamo pur sempre negli anni '50-'60 e l'omosessualità era vista come una piaga e non certo un aiuto in un movimento di protesta che voleva farsi sentire in modo "pulito".
Ma chi lo può fermare, Rustin?
Il suo animo scalderino, i suoi modi eccessivi, le sue idee brillanti?
E così se ne esce con l'idea di far collaborare tutte le piccole e grandi associazioni di protesta, organizzando la più grande marcia di protesta in quel di Washington, circondando la Casa Bianca in modo pacifico.


Sì, quella marcia del 1963.
Quella del famoso discorso "I have a dream".
Ma i riflettori, per una volta, sono puntati su chi dietro le quinte ha organizzato, pianificato, e gestito il tutto.
Con uno sguardo anche alla sua vita privata, non certo facile.
Che il regista teatrale George C. Wolfe mostra in modo molto teatrale, realizzando scenari che si ripetono, mostrando confronti continui in una ricostruzione che pecca probabilmente di budget e infatti la Washington finale è un green screen mal realizzato perfino per lo schermo della TV.
Quindi, niente di nuovo anche se il pezzo di storia non è certo il più famoso?
Purtroppo sì.
Perché ci sono le interpretazioni sentite, ci sono i grandi discorsi, i grandi confronti, sorretti da una sceneggiatura piuttosto zoppicante in alcuni punti in cui si scade nel melò.


Classico nel suo essere il classico film da vedere in una sonnacchiosa ora buca a scuola, senza lasciare il segno.
Nemmeno quel suo protagonista, carismatico ma non troppo simpatico, al limite del caricaturale come probabilmente era.
Come per i film pensati per il Giorno della Memoria, aspetto sempre con ansia che le ricostruzioni storiche ambiscano ad essere più originali, pur fedeli.
Non è ancora questo l'anno.

Voto: ☕☕/5

4 commenti:

  1. Sì, biopic storico troppo classico e purtroppo anche meno emozionante del previsto.
    Fa rimpiangere persino certe fiction Rai. Sì, l'ho detto :)

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    1. E se lo dici tu, che le fiction Rai sai anche guardarle e apprezzarle... ma non diciamolo agli Obama.

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  2. Sono stato meno drastico ma sì, un film decisamente troppo corretto.

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    1. Ormai sono fatti con lo stampino e finiscono agli Oscar, quindi chi li ferma?

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