Chi era Bob Fosse?
E chi era Gwen Verdon?
Onestamente, prima che me ne parlasse il sempre prolifico Ryan Murphy, non lo sapevo.
Non sapevo che c'erano le menti di entrambi dietro la versione di Chicago che ho amato al cinema e a Broadway, non sapevo fossero il regista e la coreografa di Cabaret o di All That Jazz, insomma, di quei musical diventati iconici.
Nonostante né Cabaret né All That Jazz facciano parte della mia filmografia -ma prevedo una loro visione a breve- di Bob e di Gwen ho voluto saperne di più, perché ad interpretarli sono due mostri di bravura come Sam Rockwell -che prosegue il suo momento d'oro- e Michelle Williams.
E così, eccoli: una coppia sulla carta ben assortita, lei ballerina di successo, lui regista dalle grandi aspirazioni, una coppia d'oro newyorchese che nasconde però tanta gelosia, tanti risentimenti, tanti tradimenti.
Non si segue un percorso cronologico preciso nel raccontare la loro storia, ed è questo il bello ed è questo che fa della serie una doppia biografia diversa dalle altre.
Ci si concentra volta per volta su uno dei due geni al lavoro, sul loro rapporto altalenante, mostrando passati dolorosi, scelte difficili, gravidanze inattese e successi e insuccessi.
La macchina del cinema e del teatro è sempre lì: vive a stretto contatto con loro, che dimenticano così di badare ad una figlia, di ringraziarla alla ricezione di un premio, usando momenti privati in pubblico.
La domanda nasce spontanea: chi è più bravo, qual è il personaggio più interessante?
Bob Fosse, un ballerino mancato, che si ricicla regista, cercando di farsi valere nella memoria di un padre assente, e che beve, fuma, tradisce ed eccede. Che si obera di impegni, e che non sa gestirli come vorrebbe, perennemente insoddisfatto?
O Gwen Verdon, stella scintillante di Broadway, messa nell'ombra dal marito e dall'età che avanza inesorabile, che quel marito e i suoi impegni li gestisce però al meglio?
E di conseguenza, meglio un eccentrico Rockwell, che balla, perde capelli, mantenendo un fascino capace di conquistare la bellissima Margaret Qualley, o Michelle Williams, che si trasforma fisicamente e vocalmente, dando vita ad una donna che conosce la sua forza e che gelosa, invidiosa, poco materna va avanti?
Difficile decidere.
Nonostante le ritrosie iniziali per un ritmo che fatica a decollare, già dal secondo episodio si viene conquistati dai dietro le quinte dei set e delle sale prove, si gustano aneddoti, grandi star, curiosità su quei musical. Adorando abiti e scenografie.
Applaudendo soprattutto una scelta della narrazione che fa la differenza: scritte a fare da conto alla rovescia, canzoni che si fanno integranti come nei veri musical, ricordi, flashback e spiegazioni che rendono Fosse/Verdon un esempio perfetto di biopic classico, sì, ma originale. Proprio come i suoi protagonisti.
Voto: ☕☕☕½/5
Piaciuto molto anche a me, nonostante abbia fatto fatica a entrare in questo mondo, avendo visto soltanto Chicago. Non a caso gli episodi con le sue canzoni sono quelli che mi hanno preso di più. Lui sgradevolissimo per ragioni di copione, lei veramente incredibile: forse alla sua prova migliore. Mi dispiace averlo visto doppiato, causa pigrizia dei subber.
RispondiEliminaPurtroppo per mancanza di tempo e per curiosità non sono riuscita a vedere prima Cabaret o All that jazz, che avrebbero aiutato. Ma dopo la diffidenza iniziale, mi ha conquistato lo stile della narrazione, oltre che la bravura/insopportabilità degli attori/personaggi.
EliminaAdoro Bob Fosse, All That Jazz è un capolavoro e vorrei recuperare Sweet Charity e Lenny con Dustin Hoffman!
RispondiEliminaLenny (visto che amo quello in Mrs. Maisel) vorrei vederlo pure io, ma darò la precedenza a Cabaret e All that jazz, lacune troppo importanti per essere ignorate :)
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